Lavoratori stranieri, problema più profondo del terrorismo
Un rapporto di Human Rights Watch ne denuncia il dilagare dei soprusi
Londra (AsiaNews/HRW) "I problemi dell'Arabia Saudita sono molto più profondi degli attacchi terroristici che uccidono civili innocenti". La dichiarazione di Sarah Leah Whitson, direttore esecutivo di Human Right Watch (HRW) responsabile del Medio Oriente e del Nord Africa, denuncia la situazione dei lavoratori stranieri in Arabia Saudita, spesso oggetto di soprusi sul posto di lavoro e di torture, confessioni forzate e maltrattamenti nelle carceri. La Whitson fa riferimento ad un'indagine di 135 pagine di Human Right Watch (HRW) pubblicata il 15 luglio scorso, che offre un importante contributo per la conoscenza del sistema giudiziario del Paese.
"Incubi: Sfruttamento e abusi dei lavoratori immigrati in Arabia Saudita", descrive anche le condizioni di lavoro al limite dell'umano con cui questa fascia della popolazione deve rapportarsi quotidianamente e l'incapacità della legge di tutelarla e fare giustizia.
L'anno scorso il governo aveva invitato una delegazione di HRW a visitare il Paese per parlare con rappresentanti di Stato ma non aveva risposto alle numerose richieste dell'Organizzazione di poter condurre ricerche sul campo giudiziario parlando anche con le vittime dei soprusi. Le interviste riportate nell'indagine sono state, quindi, condotte in India, Bangladesh e Filippine con lavoratori da poco ritornati dall'Arabia Saudita.
"Gli abusi contro il lavoratori stranieri che abbiamo registrato nel rapporto, mettono alla luce le enormi lacune del sistema giudiziario del Regno. Se il governo saudita ha veramente intenzione di portare avanti una politica di riforme, questo è un buon punto da cui iniziare", ha detto Whitson "Abbiamo trovato uomini e donne in condizioni rasenti la schiavitù. Caso dopo caso abbiamo avuto la conferma che il governo sta chiudendo gli occhi sulle condizioni di vita dei lavoratori stranieri".
In Arabia saudita ci sono 8,8 milioni di stranieri, ha dichiarato il Ministro del Lavoro Ghazi al-Ghosaibi a maggio, una cifra molto più alta delle precedenti rese note dal governo. La popolazione locale è di 17 milioni di perone, questo significa che c'è un residente straniero ogni due cittadini sauditi.
Le comunità immigrate più consistenti sono quelle di Bangladesh, India e Pakistan (da 1 a 1,5 milioni di persone). Dall'Egitto, Sudan e Filippine provengono circa 900 mila persone e 500 mila dall'Indonesia. Dallo Sri Lanka, invece, arrivano per la maggior parte donne (circa 350 mila).
HRW ha documentato come questa fascia di lavoratori, oltre a vedersi negato il rilascio dei visti consolari viene costretta a firmare confessioni che non possono leggere. Le ambasciate e le famiglie dei condannati, vengono addirittura informate della condanna solo dopo che l'esecuzione è stata portata a termine.
Il rapporto, basandosi su informazioni ottenute direttamente da donne asiatiche che hanno lavorato di recente in Arabia Saudita, esamina anche le discriminazioni sessuali. Quello che emerge è la pratica di reclusione forzata delle lavoratrici straniere in condizioni di completa indigenza e pericolo.
Circa 300 donne, ad esempio, da India, Sri Lanka e Filippine, lavorano nelle pulizie di ospedali a Jeddah con turni di 12 ore, per 6 giorni a settimana. Alla fine della giornata vengono portate in dormitori sovraffollati dove dividono una piccola stanza di letti a castello con altre 13 persone. Le porte delle stanze sono chiuse dall'esterno negando alle donne la libertà di movimento per i due, tre anni del loro contratto lavorativo.
Le ingiustizie verso le donne non si fermano però qui. Il rapporto include, infatti, anche casi di donne, incinta volontariamente o i seguito a violenze sessuali, che in una prigione di Riyadh stanno scontando la pena per "gravidanze illegali".
"La dilagante discriminazione sessuale nel sistema giudiziario saudita, è collegata inoltre all'indifferenza dei funzionari statali nei confronti delle proteste delle lavoratrici", ha aggiunto la Whitson.
Dopo aver esposto e denunciato la situazione, il rapporto si appella a vari rappresentanti statali come il principe Abdullah, i ministri dell'Interno, della Giustizia e del Lavoro affinché prendano immediati provvedimenti per informare i lavoratori stranieri dei propri diritti, per imporre penalità ai datori di lavoro che adottano la pratica della reclusione forzata e perché il ministero dell'Interno agisca secondo la Convenzione di Vienna nell'informare ambasciate e consolati sull'arresto dei loro cittadini.
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