La Chiesa russa si riprende Rublev
Il Patriarcato pretende dallo Stato la restituzione del monastero Andronikov, dove ha sede il Museo di Andrej Rublev, il più famoso iconografo russo e mondiale. Lo scopo è di trasformarlo in un monastero di clausura. Ma in questo modo verrebbe impedito ai fedeli l'accesso ad alcune delle opere più belle della storia dell'ortodossia russa.
Mosca (AsiaNews) - Da alcuni mesi è molto accesa a Mosca una polemica che vede la Chiesa ortodossa contrapposta alle istituzioni culturali pubbliche: il Patriarcato pretende la restituzione del monastero Andronikov, dove ha sede il Museo di Andrej Rublev, il più famoso iconografo russo e mondiale.
Negli anni sovietici, grazie ai funzionari del ministero della Cultura, si era riusciti a salvare dalla distruzione il monastero, che conserva la più antica delle cattedrali in pietra della città. Insieme alla chiesa, furono salvati anche gli altri edifici del complesso architettonico, trasformandoli in museo dell’arte russa antica, con preziose icone tirate fuori dagli scantinati in cui erano depositate dagli anni ‘30. Più volte minacciato di chiusura e distruzione, il monastero del Salvatore di Andronikov era un simbolo della resistenza della fede nel tempo dell’ateismo militante. Oggi questo patrimonio popolare della cultura russa potrebbe diventare nuovamente inaccessibile alla gente, ritornando ad essere un convento di clausura della Chiesa ortodossa.
Dopo la fine del regime sovietico, il Museo aveva stretto un accordo con il Patriarcato per l’uso condiviso della cattedrale del Santissimo Salvatore, nella quale è stata riaperta la parrocchia, con il regolare svolgimento delle celebrazioni liturgiche. Da marzo di quest’anno, la Chiesa ha richiesto l’applicazione della “legge sulle restituzioni” degli edifici ecclesiastici, per ottenere la proprietà dell’intero complesso architettonico.
I dirigenti del prestigioso Museo hanno cercato un compromesso con i vertici patriarcali, proponendo di restituire una parte degli edifici, dove ora si trovano gli uffici amministrativi, chiedendo di poter gestire solo quelli esterni al monastero vero e proprio, dove con fatica si sta concludendo un lungo restauro.
La polemica è nata soprattutto dalla decisione del Patriarcato di chiedere la restituzione solo alla fine del restauro, sfruttando il lavoro dell’amministrazione museale, per poi sfrattarla a edificio completato. Gli ecclesiastici hanno rifiutato qualunque compromesso, e non intendono lasciare al museo neanche una stanza, segnandone di fatto la fine.
Le icone e le opere esposte, di proprietà del Museo, finirebbero di nuovo in qualche deposito, non essendoci altri spazi disponibili per esporle, e non essendo di antica proprietà del monastero; gli operatori del Museo le avevano raccolte con grande fatica da tutta la Russia. Per non parlare del fatto che verrebbe chiuso il percorso di visita alle strutture architettoniche, una delle migliori iniziative di espressione storico-culturale del Paese.
Il Museo era stato pensato intorno alla figura del santo monaco Andrej Rublev, che in queste mura trascorse gli anni di noviziato sotto la guida del grande santo russo Sergij di Radonezh, ri-fondatore della spiritualità russa alla fine del giogo tartaro nel 1300. Nella cattedrale vi sono frammenti degli affreschi di Rublev, che qui venne sepolto, e sono raccolte diverse altre opere e testimonianze di colui che, senza ombra di dubbio, è il più rinomato pittore di icone della storia.
La polemica si innesta sulla generale protesta nei confronti della politica aggressiva del Patriarcato, per quanto riguarda restituzioni e costruzione di nuovi edifici ecclesiastici, come nel caso della cattedrale di Ekaterinburg, dove tuttora la popolazione è in agitazione contro le pretese della Chiesa di occupare spazi pubblici cittadini. Anche allo Spaso-Andronikov, nonostante il diritto storico della Chiesa di riavere un proprio edificio, è evidente la sproporzione tra le esigenze del Patriarcato, a cui non mancano oggi chiese e conventi a Mosca e in tutto il Paese, e il desiderio della popolazione di usufruire direttamente di strutture culturali e religiose, per cui tante persone si erano spese in anni difficili, mettendo a rischio la propria carriera e la propria libertà. Il risultato finale potrebbe vedere una Chiesa ricca di spazi e mura, ma povera di popolo e di fedeli.
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