22/08/2017, 11.51
CINA-GRAN BRETAGNA
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La Cambridge University Press fa dietro front: no alla censura richiesta dalla Cina

di Paul Wang

La decisione di obbedire alla Cina, cancellando 300 articoli ‘sensibili’, ha scatenato critiche internazionali e una petizione online di boicottaggio. “È inquietante che la Cina tenti di esportare la sua censura”. Joseph Cheng: “Una mancanza di rispetto verso la libertà accademica nel mondo, ma anche un enorme senso di insicurezza che cresce nella leadership cinese”.

Hong Kong (AsiaNews) - La Cambridge University Press (Cpu) è ritornata sulla decisione presa giorni fa di cancellare oltre 300 articoli dal suo sito internet in cinese, in obbedienza a una richiesta del governo di Pechino. Ieri sera in un tweet, l’editrice ha dichiarato che “tutti gli articoli sono stati postati di nuovo sul portale internet della Cpu in Cina e possono essere scaricati liberamente”.

La scorsa settimana, su richiesta dell’Amministrazione generale cinese per la stampa e le pubblicazioni, aveva eliminato dal suo sito più di 300 articoli sul “China Quarterly”, una delle più prestigiose pubblicazioni sul mondo cinese. La maggior parte degli articoli riguardavano Tiananmen, la Rivoluzione culturale, il Tibet, lo Xinjiang, Hong Kong, Taiwan, ecc. Il materiale era stato pubblicato in un arco di tempo che va dagli anni ’60 fino al mese scorso.

Il dietro front della Cpu avviene dopo una serie di veementi critiche di accademici cinesi e internazionali nei confronti dell’editrice universitaria. Christopher Balding, professore della Business School di Shenzhen, collegata con l’università di Pechino, aveva perfino lanciato una petizione on-line, in cui chiedeva alle università di boicottare la Cpu per il suo inchinarsi ai dettami del Partito comunista cinese. “Come accademici - recita la petizione - crediamo in uno scambio libero e aperto di idee e informazioni su tutti i temi, non solo su quelli su cui andiamo d’accordo… Per accademici e università nel mondo è inquietante che la Cina tenti di esportare la sua censura su tematiche che stridono con la sua interpretazione preferita”.

Pur temendo conseguenze per il suo coraggio, Balding dichiara: “Negli ultimi due anni vi è stata una forte repressione nella censura accademica e nel controllo, cercando di imporre sempre più limitazioni su professori cinesi o su accademici che lavorano in Cina”.

Dal mese di gennaio, su ordine di Xi Jinping, la Cina ha lanciato un controllo più serrato su internet e da tempo rafforza l’indottrinamento ideologico nelle università.

Alla Rfa, Joseph Cheng, già professore di scienze politiche all’università di Hong Kong, commenta: “Il governo cinese dà l’impressione di sentirsi in diritto di fare quello che vuole perché è ricco, fino a non preoccuparsi di rispettare le norme internazionali. Ciò mostra una mancanza di rispetto verso la libertà accademica nel mondo, ma anche un enorme senso di insicurezza che cresce nella leadership cinese”.

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