L’esercito sotto accusa per il massacro dei copti, rischio corte marziale per 34 civili
Fra i detenuti vi sono anche giovani di soli 16 anni. Essi sono accusati di aver attaccato le forze di sicurezza durante la manifestazione dei copti del 9 ottobre. Portavoce della Chiesa cattolica egiziana, giudica assurda la mossa dei militari che di fatto si auto-giudicano. A tutt’oggi l’esercito rifiuta le accuse che lo vedono responsabile della morte di 27 persone e oltre duecento feriti.
Il Cairo (AsiaNews) – L’esercito accusato del massacro di 28 cristiani copti avvenuto il 9 ottobre scorso, si giudica da solo e potrebbe mandare alla corte marziale 34 civili cristiani arrestati durante gli scontri. Fra essi vi sono ragazzi di soli 16 anni. Alcuni di loro sono feriti e dal 30 ottobre sono tenuti in carcere con poco cibo e cure.
P. Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana, fa notare l’assurdità del processo che potrebbe essere condotto da una corte marziale. “I militari – afferma – non possono giudicare dei civili alla corte marziale, soprattutto quando loro stessi sono parte in causa”. Il sacerdote spera che con le elezioni del prossimo 26 novembre l’esercito lasci il potere, accettando il voto della popolazione.
Lo scandalo degli arresti, coinvolge non solo i cristiani copti, ma anche diversi musulmani presenti alla manifestazione. Oggi Laila Soueif, professoressa universitaria e madre di Abdel Fatah, attivista musulmano per i diritti umani anch’egli in carcere, ha iniziato uno sciopero della fame per chiedere la liberazione del figlio. Fatah è accusato di detenzione illegale di arma da fuoco e di aver incitato la folla contro i militari.
Nei giorni scorsi il giovane è riuscito a postare un messaggio su un blog dove spiega che i militari gli avrebbero concesso la libertà a patto di evitare critiche contro Mohammed Hussein Tantawy, capo del Consiglio supremo dei militari. “Questa – ha scritto Fatah - è stata una piccola concessione che ho rifiutato. Come avrei potuto affrontare la mia famiglia se avessi accettato?”.
Il 9 ottobre scorso migliaia di copti hanno manifestato davanti alla sede della tv di Stato egiziana, chiedendo giustizia per l’incendio di una chiesa avvenuto nella provincia di Asswan (Alto Egitto). Poco dopo l’inizio del sit-in ignoti hanno iniziato a sparare scatenando la reazione dell’esercito.
Secondo testimoni oculari i soldati avrebbero deliberatamente sparato contro i dimostranti e schiacciato con i mezzi blindati i loro corpi. Il massacro è costato 27 morti e oltre 200 feriti. A tutt’oggi l’esercito rifiuta ogni accusa, imputando la responsabilità a gruppi estremisti infiltrati e accusa i leader della protesta di aver aizzato la folla contro gli agenti di sicurezza. (S.C.)
P. Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana, fa notare l’assurdità del processo che potrebbe essere condotto da una corte marziale. “I militari – afferma – non possono giudicare dei civili alla corte marziale, soprattutto quando loro stessi sono parte in causa”. Il sacerdote spera che con le elezioni del prossimo 26 novembre l’esercito lasci il potere, accettando il voto della popolazione.
Lo scandalo degli arresti, coinvolge non solo i cristiani copti, ma anche diversi musulmani presenti alla manifestazione. Oggi Laila Soueif, professoressa universitaria e madre di Abdel Fatah, attivista musulmano per i diritti umani anch’egli in carcere, ha iniziato uno sciopero della fame per chiedere la liberazione del figlio. Fatah è accusato di detenzione illegale di arma da fuoco e di aver incitato la folla contro i militari.
Nei giorni scorsi il giovane è riuscito a postare un messaggio su un blog dove spiega che i militari gli avrebbero concesso la libertà a patto di evitare critiche contro Mohammed Hussein Tantawy, capo del Consiglio supremo dei militari. “Questa – ha scritto Fatah - è stata una piccola concessione che ho rifiutato. Come avrei potuto affrontare la mia famiglia se avessi accettato?”.
Il 9 ottobre scorso migliaia di copti hanno manifestato davanti alla sede della tv di Stato egiziana, chiedendo giustizia per l’incendio di una chiesa avvenuto nella provincia di Asswan (Alto Egitto). Poco dopo l’inizio del sit-in ignoti hanno iniziato a sparare scatenando la reazione dell’esercito.
Secondo testimoni oculari i soldati avrebbero deliberatamente sparato contro i dimostranti e schiacciato con i mezzi blindati i loro corpi. Il massacro è costato 27 morti e oltre 200 feriti. A tutt’oggi l’esercito rifiuta ogni accusa, imputando la responsabilità a gruppi estremisti infiltrati e accusa i leader della protesta di aver aizzato la folla contro gli agenti di sicurezza. (S.C.)
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