07/08/2013, 00.00
PAKISTAN
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Karachi: bomba uccide 11 persone, anche bambini. Solidarietà dal vescovo di Islamabad

di Jibran Kahn
L’ordigno, comandato a distanza, è esploso al termine di una partita di pallone. Tra le vittime anche alcuni minori tra i sei e i 15 anni. Possibile obiettivo dell’attacco un ministro provinciale. Mons. Rufin Anthony: il Pakistan paga un “prezzo altissimo alla guerra contro il terrore”. Appello al nuovo governo perché si occupi di violenze e crisi economica.

Karachi (AsiaNews) - Un evento "terribile", che "condanniamo con estrema forza e rigore" perché colpisce "la popolazione di Karachi, che ha già sofferto molto". Così mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad/Rawalpindi, commenta l'ennesimo fatto di sangue che ha colpito stamane la metropoli nel sud del Pakistan. Una bomba è esplosa nelle prime ore di oggi a Karachi, uccidendo almeno 11 persone - tra cui diversi bambini - e ferendone altre 26. L'ordigno era nascosto all'interno di una motocicletta, comandato a distanza ed è deflagrato nei pressi di un campo da calcio nel sobborgo di Lyari, mentre era in corso una partita. Finora non vi sono state rivendicazioni ufficiali dell'attacco, che ha colpito in maggioranza giovani fra i sei e i 15 anni intenti ad assistere al match di pallone. Secondo alcuni l'obiettivo sarebbe stato un ministro provinciale del Sindh, Jawaid Nagori, rimasto ferito in modo lieve nello scoppio, ma non vi sono conferme ufficiali.

Ameer Ali, uno dei feriti, racconta che l'esplosione è avvenuta poco dopo la premiazione finale del match, quando le persone "stavano uscendo" dal campo di gioco. La gente "ha iniziato a correre in preda al panico", diverse persone "sono state colpite" dai detriti sparsi dall'ordigno. Raggiunta anche l'auto del funzionario provinciale, che è andata distrutta assieme ad altre vetture nell'area. Fonti ospedaliere raccontano di alcuni bambini deceduti, con indosso ancora gli indumenti da gioco.

"Siamo di fronte a un nuovo, tragico evento" commenta ad AsiaNews il vescovo di Islamabad, che "condanniamo con estrema forza". Per mons. Rufin Anthony si tratta di "atti cospiratori per minare la pace" in un Paese sempre più "vittima del terrorismo" e che paga un pezzo "altissimi alla guerra contro il terrore". Egli manifesta solidarietà e vicinanza alla "popolazione di Karachi, che ha già sofferto molto". E rivolge un appello al governo, chiamato ad affrontare "sfide enormi quali terrorismo, violenze confessionali e questioni economiche. Sono tempi duri e la nazione deve essere unita contro il terrore". P. John James, dell'arcidiocesi di Lahore, ricorda che si tratta dell'anno "più sanguinoso" per Karachi, colpita da un'ondata di violenze che ha causato "migliaia di vite innocenti". "Preghiamo per la pace" aggiunge il sacerdote che bolla come "atto codardo" l'uccisione di innocenti.

Karachi è una metropoli di oltre 13 milioni di abitanti - la più popolosa del Pakistan - ed è una miscela esplosiva di bande criminali, signori delle terre, trafficanti di droga, violenza comune, rivalità politiche e fondamentalismo di matrice islamica. Tuttavia, per le forze dell'ordine gli omicidi di natura confessionale sono solo il 20% del totale; resta però la denuncia di associazioni e attivisti per i diritti umani, secondo cui il governo centrale e le autorità locali poco o nulla hanno fatto per arginare divisioni e violenze. Nel marzo scorso, durante la campagna elettorale, l'esplosione di una bomba nel quartiere di Abbas Town ha ucciso 45 persone e distrutto numerosi edifici.

Con più di 180 milioni di abitanti (di cui il 97% professa l'islam), il Pakistan è la sesta nazione più popolosa al mondo ed è il secondo fra i Paesi musulmani dopo l'Indonesia. Circa l'80% è musulmano sunnita, mentre gli sciiti sono il 20% del totale. Vi sono inoltre presenze di indù (1,85%), cristiani (1,6%) e sikh (0,04%). Le violenze contro le minoranze etniche o religiose si verificano in tutto il territorio nazionale, dalla provincia del Punjab fino a Karachi, nella provincia meridionale del Sindh, dove nei primi otto mesi del 2012 sono state uccise più di 2.200 persone. 

 

 

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