India, cattolici e protestanti contro gli stupri delle bambine
Il 18 aprile 28 vescovi cattolici hanno celebrato una veglia di preghiera di fronte la cattedrale di Delhi. Nel 2016, ogni 15 minuti una violenza contro i bambini e più di 100 donne violentate ogni giorno. Un programma di distribuzione di assorbenti igienici per combattere l’abbandono scolastico.
New Delhi (AsiaNews) – I vescovi cattolici dell’India del nord hanno organizzato una veglia di preghiera per Asifa Bano, 8 anni, stuprata e uccisa in Jammu e Kashmir, e per la 16nne violentata da un deputato del Bjp (Bharatiya Janata Party) in Uttar Pradesh. La manifestazione si è tenuta il 18 aprile di fronte alla cattedrale del Sacro Cuore di New Delhi, in collaborazione con Signis India e la Commissione arcidiocesana per i giovani. I prelati condannano a gran voce le violenze che colpiscono donne e bambine innocenti. Mons. William D’Souza, arcivescovo di Patna, ha affermato a Matters India che “l’unica sicura risorsa per la giustizia è la preghiera”.
All’iniziativa hanno partecipato 28 vescovi, insieme a numerosi fedeli. Ad accendere il primo cero, mons. Anil Couto, arcivescovo di Delhi. Per il vescovo di Patna, “la situazione di vittimizzazione dei minori e delle persone vulnerabili impone la creazione di un programma chiaro che aiuti a prevenite simili incidenti in India”.
Anche la Chiesa protestante è intervenuta sulla brutale violenza contro la piccola Asifa, sedata e seviziata per giorni da un gruppo di indù a Kathua. Mons. Joseph D’Souza, moderatore della Chiesa del Buon Pastore dell’India (cristiani evangelici), ha tuonato: “È tempo per l’India di riconoscere che ha un problema sul modo in cui tratta le donne”. Il pastore lamenta a Christian Today che “ovunque sorga un conflitto, le donne diventano il bersaglio più vulnerabile. Quando si verifica il fondamentalismo religioso, e non parlo solo a quello indù, esso finisce per colpire le donne”. Mons. D’Souza si riferisce al fatto che Asifa Bano è stata violentata per vendetta nei confronti del padre, membro della comunità dei Gujjars, pastori nomadi di religione musulmana che attraversano la catena dell’Himalaya per far pascolare le mandrie di capre e bufali, provocando le ire degli abitanti. Il leader evangelico poi ammette anche che “non è necessario che scoppi il conflitto: esse vengono comunque stuprate e attaccate”.
Un recente rapporto sulle violenze contro i bambini, stilato da Child Rights and You (Cry), rivela che negli ultimi 10 anni i crimini nei confronti dei minori sono aumentati del 500%, dai 18.967 casi registrati nel 2006 ai 106.958 del 2016. Secondo il National Crime Records Bureau (Ncrb), nel 2016 i crimini che hanno coinvolto bambini sono aumentati del 14% rispetto all’anno precedente, in pratica una violenza ogni 15 minuti. I numeri non diminuiscono se si tratta di donne: il Ncrb riporta 38.947 casi di stupro registrati nel 2016, in aumento del 12% rispetto al 2015 (34.651 denunce), cioè più di 100 donne violentate ogni giorno.
Secondo mons. D’Souza, per risolvere in via definitiva la questione della violenza contro le donne, si dovrebbe ripartire dall’educazione. Inoltre sostiene che “è una disgrazia il fatto che nella Chiesa indiana non si levi una voce abbastanza forte per l’uguaglianza di genere. Tutto questo è davvero negativo. Fino a quando non verrà insegnata l’uguaglianza tra uomo e donna nella Chiesa, essa non riuscirà mai a chiarire da dove deriva il complesso problema dell’oggettivazione delle donne”.
Sull’argomento interviene anche p. Frederick D’Souza, direttore di Caritas India, che ad AsiaNews riporta una serie di iniziative per restituire dignità alle donne che abitano nelle aree rurali. “In Bihar – riferisce – stiamo lavorando con bambine dalit, in precedenza chiamate ‘Mushahar’, cioè mangiatore di topi. Per tradizione, la comunità era costretta a cibarsi di ratti per via della loro estrema povertà e discriminazione”. Per risolvere il problema dell’abbandono scolastico, la Caritas ha attivato un progetto di distribuzione di assorbenti igienici. “Le ragazze infatti non vanno a scuola perché parlare di mestruazioni è un tabù”, conclude, “per questo lavoriamo anche con i genitori, e li invitiamo a far studiare le figlie”.
(Ha collaborato Nirmala Carvalho)
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