Il successo del Kerala nella lotta al Covid-19
Al presente nello Stato vi sono 140 casi positivi al Covid-19 e in totale ve ne sono stati 399 e tre morti. Nell’India, ad oggi vi sono 17265 casi positivi e 543 morti; metà del Paese non è stato ancora toccato dalla pandemia. I segreti del successo: prontezza nell'affronto dei problemi; una forte esperienza di epidemie passate; una stretta collaborazione fra quasi 300mila volontari e governo; nessuna lotta fra governo centrale e autorità comunali e di villaggi.
Changanacherry (AsiaNews) - Lo Stato del Kerala (nel sud-ovest dell’India) è stato riconosciuto come un punto di successo nella lotta al coronavirus. Le esperienze di epidemie passate, una stretta collaborazione fra volontari e governo, fra governo centrale e autorità comunali e di villaggi. A tutt’oggi in India le cifre ufficiali dicono che vi sono 17265 casi positivi e 543 morti; metà del Paese non è stato ancora toccato dalla pandemia. Ma il problema più acuto è che la quarantena imposta alla mezzanotte del 24 marzo in tutto il Paese, ha creato una massa di oltre 120 milioni di persone senza lavoro, senza cibo, senza alloggio. Anche in questo il Kerala si è distinto per l’efficienza e l’ospitalità. Ecco il racconto di questi giorni. L’autore è un operatore nel campo medico, che ha molti rapporti con l’Italia.
Il 2 marzo scorso, dovevo partecipare ad un incontro al Centro culturale della mia città, Changanacherry (Kerala), insieme a un amico italiano, preveniente da Delhi. Io ero fra gli organizzatori dell’incontro per un gruppo di studenti universitari. Il giorno dopo, uno degli studenti mostra febbre alta, mentre dalla tivu ci arrivano le notizie sull’epidemia di coronavirus in Italia. In poche ore sono stato contattato dall’ufficio del distretto medico di Kottayam che mi chiede i dettagli sull’incontro avvenuto e la lista dei partecipanti. Pochi istanti dopo, una chiamata dall’ispettore dell’ospedale locale mi dice di rimanere in quarantena per 14 giorni in casa mia. Veniamo a sapere che l’amico italiano, prima di venire in Kerala, era stato a Delhi con altri due italiani.
Il governo del Kerala ha annunciato il lockdown in tutto lo Stato il 23 marzo; il governo centrale lo ha fatto il 24 a mezzanotte. L’operato del governo keralese verso la pandemia di Covid-19 ha sempre anticipato le scelte di Delhi. Questo sforzo qualificato del Kerala nascce anche dal coordinamento 24 ore su 24 con i governi locali (comuni, province, prefetture), meticolosamente organizzati dal ministro della sanità, la prof.ssa Shylaja. Il Chief minister del Kerala, Pinarayi Vijayan, ha mostrato ancora una volta di essere capace alla guida dello Stato. I suoi incontri con la stampa tutti i giorni alle 18 provano tutto il lavoro che il team del governo sta svolgendo. Ogni ministro è assegnato a guidare la situazione in ogni distretto. Anche il pacchetto finanziario per gli aiuti ai poveri e per l’economia sono stati approntati molto prima rispetto al governo centrale.
Come mai il Kerala si è mosso per primo
Al presente vi sono 140 casi positivi al Covid-19 e in totale ve ne sono stati 399 e tre morti. Ma 79mila persone sono sotto osservazione e 526 sono ricoverati in ospedale. I primi tre casi di coronavirus in India sono avvenuti proprio in Kerala con tre studenti ritornati da Wuhan. Da allora lo Stato si è messo in allerta. Il flusso dei pazienti si è accresciuto a metà febbraio, con una famiglia indiana che ritornava dall’Italia. Da allora, sono i keralesi di ritorno dal Golfo o dall’Europa ad essere i principali vettori di questa malattia.
Le mappe e le applicazioni web
Il Kerala ha già avuto in passato epidemie di virus Nipah. Per questo, non appena il virus viene identificato in una persona, subito si agisce in modo sistematico. Si comincia tracciando il percorso dei pazienti in modo molto dettagliato. Si registra ogni punto dove il paziente ha viaggiato e si indentificano tutte le persone da lui incontrate anche in modo casuale. L’identificazione avviene con l’aiuto di consiglieri del governo locale, operatori sanitari, polizia. Il percorso viene diffuso fra tutti coloro che sono implicati. Qui la cosiddetta “privacy” viene messa da parte in funzione della salute della società. Questo processo di identificazione, isolamento, ricovero in ospedale è ormai svolto attraverso una app sullo smartphone. Tale app connette tutti coloro che sono coinvolti nella lotta al coronavirus, dal dottore all’autista dell’ambulanza. Così il dottore può sapere in tempo reale dove ci sono ventilatori liberi per la terapia intensiva; l’autista viene a sapere subito il posto più vicino dove ci sono letti liberi.
Vagoni dei treni in sale di isolamento
Forse in India non è possibile costruire ospedali in 10 giorni, come è avvenuto in Cina o a Milano. Ma la massa della popolazione è un problema se un’epidemia sfugge al controllo. La densità di popolazione in Kerala è molto alta (860 persone al kmq). Per combattere contro la carenza di letti in ospedale, il governo ha subito deciso di convertire vagoni di treni non utilizzati in sale di isolamento e ve n’è già un bel numero. In più, gli ispettori sanitari locali hanno calcolato quanti letti si possono recuperare con il possibile uso di ostelli per studenti, o di hotel vicini agli ospedali. Al momento, solo gli ospedali governativi sono usati per l’assistenza ai malati di Covid-19. Ma la Conferenza episcopale del Kerala, fin dall’inizio dell’epidemia, ha offerto i suoi ospedali per curare i pazienti.
Coordinare volontari e governo
In vari Paesi, la burocrazia può prevenire l’impiego di volontari nell’assistenza al settore pubblico. In Kerala, invece, il governo ha sempre mostrato che ciò è possibile e il servizio dei volontari è prezioso quanto quello degli esperti sanitari. Durante le ultime due alluvioni (nel 2018 e nel 2019), sono stati di grande aiuto gli esperti di tecnologia informatica che hanno aiutato il processo di identificazione, salvataggio e trasferimento degli alluvionati. Allo stesso modo, questa volta il governo ha formato subito una Forza sociale di volontari (Sanndhasena), che ha registrato 292851 persone di età fra i 18 e i 65 anni (in maggioranza fra i 20 e i 50 anni). Il gruppo è suddiviso per cinque differenti attività ed è coordinato dai governi locali e dai capi di distretto. Questi volontari sono la forza trainante delle “Cucine comunitarie”, che distribuiscono pasti ogni giorno alle persone anziane e a color che sono bisognosi in questo periodo di quarantena.
Stai dove sei!
Uno dei problemi più grossi è il rimpatrio dei lavoratori provenienti dal Nord, che sono emigrati nel territorio del Kerala. All’annuncio del lockdown da parte del Primo ministro lo scorso 24 marzo, migliaiai e migliaia di lavoratori migranti sono rimasti bloccati in molte città indiane. In diversi luoghi essi sono costretti ad abbandonare le città e ritornare ai loro villaggi in Nord India. Il governo keralese ha invece preso una decisione positiva, garantendo loro il necessario. In Kerala, questi migranti da Bengala occidentale, Orissa, Bihar non sono definiti per la loro origine: essi vengono chiamati “lavoratori ospiti”. Viene garantito ad essi una dignità attraverso vari gruppi, anche se alcuni di loro hanno protestato perché volevano ritornare nel loro paese d’origine. Ma fino a che non sarà pronto un treno per loro, essi continueranno a stare nelle città del Kerala, sostenuti dal governo nel cibo, nei passatempi, provvedendo anche a un televisore comune.
Ancora cautela
Il Kerala ha il più ampio flusso di migranti di tutta l’India. I migranti keralesi sono per la maggior parte impiegati nei Paesi del Golfo, negli Stati Uniti, in Europa, Canada, Australia, ecc. E va anche detto che il flusso delle rimesse al Kerala è uno dei più importanti pilastri per la crescita finanziaria dello Stato. E siccome il mondo intero è bloccato in quarantena, vi è un gran numero di keralesi che sono trattenuti in altri Paesi (soprattutto nel Golfo). Il governo insiste con il governo centrale per far riportare a casa tutti i keralesi che desiderano tornare. Il settore sanitario è già in avanzato stadio di preparazione per ricevere tutti i keralesi che dovrebbero arrivare da 4 aeroporti internazionali. Tutti saranno sottomessi a una quarantena di 14 giorni o a casa loro o in un centro sanitario pubblico.
Molti pensano che il Kerala abbia ormai superato il picco dell’infezione, mentre in altre parti dell’India il percorso è ancora in ascesa. In ogni caso, a sig.ra Shylaja ha detto che occorre ancora essere cauti. Ieri, il segretario del Ministero della sanità in India, ha detto che il Kerala è un modello per gli altri Stati sia per l’attuazione di un piano contro l’epidemia, sia per il trattamento dei casi positivi.
Il sistema di sanità pubblica in Kerala – dai centri primari fino agli ospedali - segue specifici protocolli per offrire sostegno, aumentare consapevolezza e cure contro il Covid-19. E’ importante anche ricordare i nostri operatori sanitari, ma anche la polizia, che a temperature da 30-35 gradi, fanno in modo da far rispettare la legge e le regole dell’ordine.
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