Il sistema agricolo di un missionario francese per le popolazioni rurali del Nepal
Il gesuita p. Henri de Laulanié negli anni '80 aveva studiato un metodo per aumentare la produduzione di riso in Madagascar. Il suo "système de riziculture intensive" viene ora applicato in alcuni distretti del Paese alle pendici dell'Himalaya grazie all'organizzazione World Neighbours.
Kathmandu (AsiaNews) - Mentre a Glasgow si parla di contrasto ai cambiamenti climatici, nelle aree rurali del Nepal si sperimentano nuovi sistemi di coltivazione del riso che permettono di conservare la biodiversità, ridurre le emissioni e aumentare la produzione. World Neighbours, un’organizzazione senza scopo di lucro fondata nel 1951, ha introdotto un sistema di risicoltura intensiva (sri), inventato e utilizzato per la prima volta da un missionario francese negli anni ‘80 in Madagascar. P. Henri de Laulanié, agronomo gesuita che arrivò nell’isola malgascia nel 1961, studiò un metodo per fare in modo che la popolazione non fosse dipendente dalle importazioni. Il riso è infatti alla base dell’alimentazione di diverse comunità in Africa come in Asia e le fasce più povere della popolazione spesso non possono permettersi di comprare il cibo importato.
Il metodo convenzionale prevede che le piantine vengano collocate in acqua a piccoli gruppi dopo almeno 25 giorni e poi fatte crescere con inondazioni periodiche. P. Laulanié scoprì che in realtà le piantine producono di più se piantate singolarmente, quando sono più giovani e se lasciate in un terreno umido ma non allagato. Questo sistema di coltivazione permette di aumentare la produzione dal 30% al 50% consumando meno acqua e limitando l’utilizzo di fertilizzanti.
All’inizio ci sono state molte resistenze da parte delle comunità locali del Nepal. “Solo 7 agricoltori hanno partecipato al primo progetto pilota”, racconta ad AsiaNews Srijana Karki, responsabile dei programmi di World Neighbours per India e Nepal. Nonostante la diffidenza iniziale, però, il primo raccolto è andato bene, e altri agricoltori hanno cominciato a interessarsi. Il problema principale è dato dal fatto che non tutti i terreni permettono il controllo delle risorse idriche necessario per questo tipo di coltivazione: le radici delle piantine devono essere messe in acqua per un periodo e poi asciugate. Con i cambiamenti climatici questa fase si complica. “Un anno una donna ha ottenuto il 56% in più dal suo raccolto - spiega Karki -, ma l’anno successivo le piogge non hanno rispettato la stagionalità e il raccolto è andato malissimo”.
“Il 90% dei nostri beneficiari sono donne, che hanno a disposizione solo piccolissimi appezzamenti di terreno - continua la responsabile - per cui fin da subito abbiamo dovuto pensare a come massimizzare la produzione”. Le donne restano nei villaggi sulle montagne perché i mariti si trasferiscono in città in cerca di migliori opportunità di lavoro. “Dopo aver visto il successo del progetto però molti sono tornati”. Anche perché il sistema di risicoltura intensiva funziona benissimo con le varianti locali del cereale. “È bellissimo vedere le famiglie riunirsi ed espandere la loro attività”.
World Neighbours ha scelto il sri anche perché è una tecnologia semplice da implementare. “Parte degli agricoltori con cui lavoriamo sono analfabeti”, prosegue la cooperante. “Un giorno una donna aveva guadagnato così tante rupie che non sapeva come contarle. È andata a casa dello zio a chiedergli quanto avesse ricavato con la vendita dei suoi prodotti al mercato”. Anche con gli indigeni ci sono spesso problemi di comunicazione, perché parlano dialetti diversi, vivono in aree remote e il livello di istruzione è bassissimo. “In questi casi spieghiamo come fare ai bambini, perché loro vanno a scuola. Con gli adulti a volte abbiamo difficoltà a trovare qualcuno che sappia leggere e scrivere”.
L’innovazione arriva anche dal basso. Alcuni agricoltori di recente hanno proposto di usare l’urina umana come fertilizzante dopo aver visto che diluita con acqua è un’ottima sostanza nutritiva. “Stiamo sostenendo la loro idea in tutti i modi. Li abbiamo finanziati per frequentare seminari di approfondimento e imparare a costruire latrine per raccogliere l’urina”. Se il piano avrà successo gli agricoltori non dovranno dipendere dal mercato per fertilizzanti e pesticidi, che per i ritardi nelle catene di approvvigionamento rischiano di non arrivare e far andare a male interi raccolti. “Cerchiamo di usare sementi locali e fertilizzanti fatti in casa il più possibile per resistere agli shock dei mercati. È così che l’impatto della pandemia è stato contenuto”. L’approccio di intervento di World Neighbours è sempre "community driven", ci tiene a precisare Sirjana Karki. “È dando possibilità alle comunità che queste poi possono diventare il motore del loro stesso sviluppo”.
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