12/09/2024, 10.23
MYANMAR
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Il ritorno dei conflitti etnici, nuovo dramma della guerra birmana

Le conquiste sempre più ampie da parte della Brotherhood Alliance, composta da tre potenti milizie etniche, stanno mettendo in luce le difficoltà di amministrare territori diversi. Una sfida che potrebbe spiegare le difficoltà nel prendere il controllo anche delle città più grandi del Myanmar. Emerge con sempre più chiarezza anche il coinvolgimento della Cina.

Yangon (AsiaNews) - L’avanzata dei tre gruppi armati che fanno parte della Brotherhood Alliance sta rivelando che il controllo sul territorio da parte delle milizie etniche non è meno autoritario di quello esercitato dalla giunta militare. Al contrario, la loro amministrazione di alcune parti del Myanmar sta riaccendendo conflitti etnici sopiti da tempo. 

Nei mesi scorsi sono stati documentati diversi abusi perpetrati da parte dell’Arakan Army che, sul punto di espellere del tutto le truppe dell’esercito dal Rakhine, la regione birmana che confina con il Bangladesh, ha creato un proto-Stato, per utilizzare la definizione proposta dal gruppo di ricerca dell'International Crisis Group. Il Rakhine dipende infatti ancora da Naypyidaw per l’energia elettrica, le comunicazioni, i servizi bancari e la fornitura di beni essenziali. Ma la maggior parte del territorio, abitato da oltre un milione di abitanti, è controllato dalla milizia locale.

L’esercito, indebolito dal conflitto, ha sfruttato la storica rivalità tra i Rakhine, di fede buddhista, che compongono i ranghi dell’Arakan Army, e i Rohingya, di fede islamica. I generali, sempre più indeboliti dal conflitto, hanno reclutato (in parte con la forza) la popolazione Rohingya (contro la quale loro stessi si erano scagliati in passato), e l’AA ha risposto massacrando centinaia di Rohingya nelle aree settentrionali dello Stato. 

Si tratta di una frattura allo stesso tempo vecchia e nuova e che si sta manifestando anche nelle aree sotto il controllo del Ta’ang National Liberation Army (TNLA) e del Myanmar National Democratic Alliance Army (MNDAA). Come l’AA, che nacque nello Stato Kachin, si tratta di gruppi originari di una determinata regione che negli ultimi anni e ancor più dallo scoppio del conflitto civile nel 2021, si sono diffusi in Stati birmani diversi. Anche grazie al sostegno militare cinese.

Il TNLA, per esempio, è formato da combattenti di etnia Palaung e ha origine nelle colline intorno a Namhsan, nella parte orientale dello Stato Shan. Ha attraversato fasi e, come le altre milizie etniche, per alcuni anni ha rispettato la tregua siglata con il governo birmano. La versione moderna della milizia risale al 2009, anno in cui è stato fondato anche l’Arakan Army. Le reclute dei due gruppi hanno ricevuto l’addestramento da parte del Kachin Independence Army (KIA), un’altra milizia etnica attiva al confine con la Cina.

Il MNDAA, invece, è composto da popolazione di etnia Han (quella maggioritaria in Cina) proveniente dall’area di Kokang. È sorto dalle ceneri del Partito comunista birmano, sciolto nel 1989, e subito ha firmato un cessate il fuoco con l’esercito birmano. I combattimenti hanno ripreso nel 2015, quando era al potere l’ex leader democratica Aung San Suu Kyi. Agli scontri nello Shan quell’anno si è unito per la prima volta anche l’Arakan Army. Secondo Bertil Lintner, giornalista svedese esperto di Myanmar, il TNLA e l’AA rappresentano oggi “un nuovo tipo di esercito ribelle guidato da persone più giovani e dinamiche” rispetto al passato.

Mentre il MNDAA, a differenza degli altri due, ha sempre mantenuto un legame molto più forte con la Cina e con quella che è considerata la milizia più potente di tutto il Myanmar, lo United Wa State Army (UWSA). Un legame che si è rivelato utile nella guerra civile scoppiata nel 2021 a seguito del colpo di Stato condotto dall’esercito, anche se ufficialmente lo UWSA si è dichiarato neutrale. La conquista della città di Lashio, nello Shan, avvenuta il 3 agosto da parte del MNDAA (un importante punto di svolta che per la prima volta ha fatto presagire una sconfitta totale dell’esercito birmano) è stata resa possibile dalle armi che lo UWSA si procura direttamente dalla Cina

Gli esperti concordano che Pechino volesse dare una lezione all’esercito birmano per non essere stato in grado di chiudere i centri per le truffe al confine tra la Cina e il Myanmar. Ma concordano anche sul fatto che la situazione sembra ora essere sfuggita di mano ai funzionari cinesi, che a gennaio hanno provato a convincere i generali birmani - a lungo sostenuti diplomaticamente e militarmente dalla Cina - e la Three Brotherhood Alliance (l’AA, il TNLA e il MNDAA), a firmare un cessate il fuoco permanente. Tentativi che non hanno ancora avuto successo. La regione di Kokang dove sorgono i principali casinò e centri per le truffe era stata a lungo amministrata dal MNDAA prima che l’esercito vi installasse una milizia rivale tra il 2009 e il 2015. Ad aprile 

Le milizie etniche hanno il controllo quasi totale dei territori al confine. Secondo fonti locali, la conquista di Lashio ha permesso una riallocazione delle truppe della resistenza, in particolare delle People’s Defence Forces (PDF), il braccio armato del Governo di unità nazionale in esilio che sta combattendo al fianco delle milizie etniche. Le PDF sono composte da giovani di etnia Bamar, quella maggioritaria in Myanmar, che abita le regioni centrali del Paese e si sono date un’organizzazione solo dopo il colpo di Stato dell’esercito nel 2021. Hanno ricevuto l’addestramento dalla Karen National Liberation Army e pare si stiano dirigendo verso Mandalay, l’ex capitale, storica sede dei regnanti birmani prima dell’arrivo degli inglesi nel 1885. Il 3 settembre la città è stata colpita, per la terza volta quest’anno, da un razzo di fattura cinese, ma lanciato dalle milizie etniche. 

Fonti interne sono certe che entro la fine dell’anno Mandalay (e tutto ciò che rappresenta) cadrà nelle mani delle forze della resistenza. Ma gli esperti temono che, invece di portare la pace, si possa aprire una nuova fase di conflitto: già in molte zone il TNLA e il MNDAA sono percepiti come estranei e Mandalay, una città multietnica di 1,5 milioni di abitanti, potrebbe rappresentare un’ulteriore sfida per le milizie della Brotherhood Alliance. Secondo alcuni, è proprio per questo che i gruppi combattenti anti-golpe esitano a riconquistare le città principali del Myanmar.

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