Il parlamento iraniano minaccia l’impeachment contro il ministro degli esteri
L’episodio rientra nel braccio di ferro tra il presidente Ahmadinejad e la Guida suprema Khamenei in vista delle elezioni politiche di marzo e di quelle del 2013 per il nuovo presidente. Oggi un altro scontro in Parlamento.
Teheran (AsiaNews/Agenzie) – Segna un punto a favore di Ali Khamenei il braccio di ferro che da mesi oppone la Guida suprema al presidente Mahmoud Ahmadinejad: il Majlis (Parlamento) iraniano oggi ha infatti respinto la candidatura di Hamid Sajjadi a ministro dello sport e della gioventù.
La candidatura, avanzata da Ahmadinejad, ha avuto 137 voti contrari, 87 favorevoli e 23 astensioni. Il voto ha fatto seguito a un intervento del presidente del Parlamento, Ali Larjani, che aveva espresso un giudizio negativo sulla lettera con la quale Ahmadinejad avanzava la candidatura di Sajjadi.
La bocciatura del candidato del presidente arriva a soli due giorni dalla minaccia avanzata da un gruppo di parlamentari di mettere sotto accusa il ministro degli Esteri, Ali Akbar Salehi, per la nomina a viceministro di Mohammad Sahrif Malekzadeh, uomo legato a Esfandiar Rahim Mashaei, capo dello staff di Ahmadinejad. E ieri, erano già una ventina i deputati che avevano firmato una mozione per impedire la nomina.
Ultraconservatori, clero ed esponenti di primo piano della Guardia rivoluzionaria hanno più volte attaccato Mashaei, accusato di “deviazioni” che potrebbero “minare” il regime islamico. Ahmadinejad ha sempre difeso il capo del suo staff, che ha una figlia sposata con suo figlio.
I due episodi degli ultimi giorni sono parte dello scontro che da mesi oppone Ahmadinejad e Khamenei. Il conflitto è emerso in aprile, quando il presidente rimosse il potente ministro dell’intelligence, Heidar Moslehi, senza chiedere l’approvazione di Khamenei. La Guida suprema - che nel sistema iraniano ha l’ultima parola su tutto – reagì ordinando di rimettere Moslehi al suo posto. Uno schiaffo al quale Ahmadinejad resistette per 10 giorni, nei quali non si presentò alle riunioni del governo, prima di uniformarsi alla direttiva ricevuta.
La lotta, a giudizio degli osservatori, non riguarda questioni di politica estera, ma solo la politica interna. Scontri tra presidente e i settori più conservatori (di maggioranza) del Majlis ci sono stati in questi mesi sul bilancio, gli aiuti statali e la struttura del governo, mentre si avvicinano le elezioni parlamentari del marzo prossimo e quelle per la scelta del successore di Ahmadinejad, nel 2013 (due appuntamenti nei quali il ministro dell’intelligence svolge un ruolo di notevole peso). Lo scontro, dunque, appare destinato a continuare e ad allargarsi a nuovi campi.
La candidatura, avanzata da Ahmadinejad, ha avuto 137 voti contrari, 87 favorevoli e 23 astensioni. Il voto ha fatto seguito a un intervento del presidente del Parlamento, Ali Larjani, che aveva espresso un giudizio negativo sulla lettera con la quale Ahmadinejad avanzava la candidatura di Sajjadi.
La bocciatura del candidato del presidente arriva a soli due giorni dalla minaccia avanzata da un gruppo di parlamentari di mettere sotto accusa il ministro degli Esteri, Ali Akbar Salehi, per la nomina a viceministro di Mohammad Sahrif Malekzadeh, uomo legato a Esfandiar Rahim Mashaei, capo dello staff di Ahmadinejad. E ieri, erano già una ventina i deputati che avevano firmato una mozione per impedire la nomina.
Ultraconservatori, clero ed esponenti di primo piano della Guardia rivoluzionaria hanno più volte attaccato Mashaei, accusato di “deviazioni” che potrebbero “minare” il regime islamico. Ahmadinejad ha sempre difeso il capo del suo staff, che ha una figlia sposata con suo figlio.
I due episodi degli ultimi giorni sono parte dello scontro che da mesi oppone Ahmadinejad e Khamenei. Il conflitto è emerso in aprile, quando il presidente rimosse il potente ministro dell’intelligence, Heidar Moslehi, senza chiedere l’approvazione di Khamenei. La Guida suprema - che nel sistema iraniano ha l’ultima parola su tutto – reagì ordinando di rimettere Moslehi al suo posto. Uno schiaffo al quale Ahmadinejad resistette per 10 giorni, nei quali non si presentò alle riunioni del governo, prima di uniformarsi alla direttiva ricevuta.
La lotta, a giudizio degli osservatori, non riguarda questioni di politica estera, ma solo la politica interna. Scontri tra presidente e i settori più conservatori (di maggioranza) del Majlis ci sono stati in questi mesi sul bilancio, gli aiuti statali e la struttura del governo, mentre si avvicinano le elezioni parlamentari del marzo prossimo e quelle per la scelta del successore di Ahmadinejad, nel 2013 (due appuntamenti nei quali il ministro dell’intelligence svolge un ruolo di notevole peso). Lo scontro, dunque, appare destinato a continuare e ad allargarsi a nuovi campi.
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