13/08/2018, 08.46
RUSSIA
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Il gioco delle sanzioni

di Vladimir Rozanskij

L’incontro di luglio tra Putin e Trump a Helsinki non è servito a mettere fine alla “guerra delle sanzioni”, ma sembra averla incanalata sul versante simbolico, svuotandone progressivamente la minaccia reale.

Mosca (AsiaNews) - Lo scorso 8 agosto sono state annunciate nuove sanzioni contro la Russia da parte del Senato americano. Al di là delle reazioni nervose dei mercati, sembra più che altro un’azione simbolica, destinata in realtà ad annacquare il conflitto russo-americano.

In effetti, i mercati finanziari russi sono in caduta libera da alcuni giorni; il dollaro si è apprezzato sul rublo di quasi il 4%, passando da 63 a 66 rubli. La causa è la concentrazione di misure sanzionatorie minacciate dal Senato americano e dal presidente Trump, la cui efficacia è peraltro tutta da dimostrare.

Il Dipartimento di Stato degli USA ha annunciato di aver preso la decisione di applicare una serie di sanzioni in risposta all’uso acclarato del veleno russo Novichok nel tentativo di avvelenamento dell’ex-spia Sergej Skrypal e della figlia Julia, a causa delle informazioni sull’interferenza russa nella politica americana di cui la spia sarebbe stato in possesso. Tale interferenza, secondo il Washington Post, sarebbe il secondo motivo di quest’ultima ondata di sanzioni, che potrebbero essere mitigate se la Russia dimostrerà entro tre mesi la sua estraneità alla vicenda.

La ragione formale della sanzione sarebbe quindi l’uso di armi chimiche, motivo usato negli ultimi tre anni soltanto contro la Siria di Assad e la Corea di Kim Yong-Un, e che fu la causa della guerra in Iraq contro Saddam Hussein. È stata infatti applicata la legge contro le armi biologiche del 1991 (Chemical and Biological Weapons Control and Warfare Elimination Act), che obbliga il presidente USA ad agire contro ogni violazione a livello internazionale.

Il primo round delle sanzioni entrerà in vigore il 22 agosto, e il secondo entro 90 giorni, se la Russia non adempirà alle condizioni previste e non prometterà di non usare più armi biologiche o chimiche in futuro, ammettendo ispettori internazionali ai siti previsti. La minaccia americana ha certamente un grande significato politico, ma secondo gli esperti riveste un’efficacia economica poco più che simbolica.

Gli Stati Uniti dichiarano di voler interrompere ogni aiuto alla Russia, e impedire l’esportazione in Russia di armi e di mezzi finanziari destinati all’acquisto di armi, tutte cose di fatto già impossibili. Non verranno fermati invece gli aiuti umanitari “alla Russia e al suo popolo”, provenienti da raccolte pubbliche e private, e il divieto di importare in Russia i materiali sensibili non riguarderà la collaborazione nel campo cosmonautico. Il divieto riguarda formalmente anche le licenze delle compagnie di trasporto aereo, ma le fonti americane hanno già assicurato che non verranno impediti i voli dell’Aeroflot.

La seconda ondata di sanzioni prevede il poco probabile “pentimento” della Russia per il tentato omicidio di Skrypal e le ingerenze sulle elezioni americane, motivi per cui il governo russo ha sempre proclamato la sua innocenza. Anche qui, però, l’effetto potrebbe essere molto limitato. Il presidente Trump sarà obbligato ad applicare tre misure su sei proposte, che vanno da quelle puramente simboliche (blocco degli aiuti finanziari internazionali, divieti alle banche americane di offrire crediti ai russi, abbassamento del livello di relazioni diplomatiche) a quelle più incisive, come il divieto totale di esportazione di materiali dagli USA (esclusi comunque i prodotti agricoli e alimentari) e d’importazione di quelli russi, oltre alla totale chiusura dello spazio aereo ai russi. È difficile che Trump decida di applicare la parte “dura” delle sanzioni.

L’incontro di luglio tra Putin e Trump a Helsinki non è servito dunque a mettere fine alla “guerra delle sanzioni”, ma sembra averla incanalata sul versante simbolico, svuotandone progressivamente la minaccia reale. Del resto, secondo gli esperti, l’Occidente americano e soprattutto europeo non può materialmente fare a meno del gas russo per almeno altri due o tre anni, e questo rende impossibile una totale rottura delle relazioni.

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