07/07/2017, 10.31
RUSSIA
Invia ad un amico

Il futuro di Putin e del putinismo

di Vladimir Rozanskij

Vladimir Putin è ormai in carica da quasi 20 anni. Con ogni probabilità, l’anno prossimo vincerà ancora le elezioni presidenziali. L’opposizione di Navalnyj non potrà vincere, ma mostra l’insoddisfazione dei giovani. Con Putin il governo russo sta scivolando da un sistema “corporativistico” a una specie di “sultanismo”, simile a quello di Erdogan in Turchia.  La Chiesa ortodossa sta prendendo le distanze.

Mosca (AsiaNews) - In un recente Forum sui monti Altaj, a Barnaul in Siberia (17-18 giugno), i politologi intervenuti si sono interrogati sui possibili scenari della Russia nei futuri anni Venti. E questo perché negli ultimi anni il sistema politico russo è stato messo alla prova da eventi e problematiche che mettono in discussione la stabilità e le prospettive future. Ciò è ancora più urgente perché si avvicina il compimento del ventennio di potere putiniano (che iniziò nel 1999), e che con ogni probabilità vedrà l’ennesimo rinnovo della carica presidenziale allo stesso Vladimir Putin nel 2018 (formalmente la quarta volta, per cui si parla di Putin 4.0).

Organizzato dalla sezione russa della Fondazione Friedrich-Ebert, il convegno ha avuto per tema “Vie di sviluppo della Russia nel contesto delle tensioni internazionali”, e le riflessioni proposte in quella sede sono oggetto di discussione in diverse sedi e mezzi di informazione. Il punto di partenza è il cambiamento in atto del sistema di potere in Russia, che fino al 2014 si poteva definire “corporativista” e post-sovietico, mentre oggi sembra prendere la forma del “sultanismo”, a imitazione della Turchia di Erdogan. In altri termini, si può dire anche che dalla continuità con il Politburo sovietico, il regime putiniano sembra regredire alla somiglianza con la corte degli zar prerivoluzionari. Il leader appare sempre più lontano dai suoi sottoposti e collaboratori, e in cerca di forme di consenso sempre più immediate e populiste.

Gli scenari possibili appaiono sostanzialmente due: o aprirsi alle riforme economiche, che consentano alla Russia di uscire dalla crisi in corso – e per questo si rende necessario un cambiamento del sistema politico, aprendo a una democrazia più reale, mettendo fine alla contrapposizione con l’Occidente; oppure, ciò che sempre più appare il progetto in corso, accentuare l’isolazionismo della Russia, soffocando ogni forma di dissenso.

Il regime di Putin assomiglia sempre più alla “autocrazia” zarista, in quanto dipende sempre meno dalle altre élite politiche e sociali, e si basa sempre più sul consenso personale presso la popolazione; inoltre, una tipica caratteristica dell’assolutismo è la continua violazione delle stesse leggi e norme approvate dal regime, a seconda delle convenienze. In questo senso il tentativo di Putin è volto a consolidare il suo potere, al di sopra di ogni riforma o autorità legislativa. Tale prospettiva appare sempre più rischiosa, non tanto per la forza delle opposizioni, assai marginali, ma per la necessità di sostenere e rilanciare la propria popolarità con continue vittorie e manifestazioni di forza contro tutto e tutti, pena la progressiva perdita di credibilità della figura dello “zar” agli occhi del popolo e dei vari corpi sociali ed economici. Dopo l’esaltazione dell’annessione della Crimea nel 2014, negli ultimi tempi la stella di Putin comincia in effetti ad offuscarsi.

L’opposizione “di strada” organizzata da Aleksej Naval’nyj, che mobilita soprattutto i più giovani, non è significativa dal punto di vista delle reali possibilità di cambiamento politico, ma mette a nudo la debolezza delle motivazioni che hanno portato all’apice il consenso al presidente, che sembra assai meno profondo di quanto affermi la propaganda ufficiale e il servilismo della corte, in tutte le sue componenti. Si pone allora una questione: potrà Putin sopportare una tornata elettorale, che pur non mettendo in discussione la sua rielezione, lo esponga a critiche e dubbi circa il ruolo “sacrale” da lui incarnato? Secondo alcuni esperti, proprio questa incertezza potrebbe spingere il presidente addirittura a ritirarsi: ad egli infatti non serve la vittoria, ma la consacrazione.

Per evitare la messa in discussione, Putin avrebbe due possibilità: quella più usuale, cioè inventarsi un candidato di opposizione a propria misura (come sono stati finora i vari Zjuganov, Zhirinovskij e altri), oppure rilanciare la sfida, facendo delle elezioni un vero e proprio plebiscito, scegliendo un obiettivo clamoroso per una Russia ancora più grande. Solo che a questo punto nessun obiettivo “luminoso” e rassicurante sembra a disposizione; inevitabilmente, si tratterebbe di proclamare altre forme di guerra e conquista, dall’Europa orientale al Medio Oriente. E anche l’autocrate potrebbe non avere il coraggio di rischiare un nuovo Afghanistan, la terra in cui finì il potere sovietico.

Nel frattempo, di fronte alle accuse di corruzione della sua corte (che per ora non hanno ancora sfiorato la sua persona), Putin prova a rilanciare la carta della “superiorità morale” della Russia, di cui lui stesso sarebbe il modello. In questo, il presidente sfrutta il sostegno e la sintonia con la Chiesa Ortodossa, che però appare pronta a smarcarsi di fronte agli eccessi di personalizzazione e sciovinismo. Il patriarca Kirill, che si era mostrato assai poco entusiasta dell’annessione della Crimea, cerca piuttosto di ribadire la superiorità morale della Chiesa su ogni altra istituzione del Paese: simbolica l’aspra discussione circa la restituzione della cattedrale di s. Isacco a San Pietroburgo, in cui Putin ha ribadito che si tratta di una proprietà dello Stato, visto che ai tempi della sua costruzione era lo zar a guidare la Chiesa. Il presidente si è di recente avvicinato addirittura alla Chiesa scismatica dei Vecchio-Credenti, che da quasi 500 anni accusano il Patriarcato di tradimento nei confronti della vera Ortodossia russa.

In un incontro dello scorso 21 giugno con gli insegnanti, Putin è caduto in una specie di lapsus rivelatore, affermando che “l’educazione al patriottismo è prioritaria rispetto alla trasmissione del sapere: noi non abbiamo e non possiamo avere altro ideale unificatore, che non sia il patriottismo. Questa è la nostra idea nazionale”. Nelle scuole stesse procede con grande lena la formazione di un’associazione paramilitare per bambini e ragazzi, la Junarmija (Esercito della Gioventù), visto che i vecchi “pionieri” comunisti sono ormai confluiti nelle rinate associazioni scout, troppo poco ideologizzate. Per l’elevazione della dignità morale, inoltre, Putin ha fatto presentare alla Duma un progetto di legge che vieti le parolacce e le espressioni volgari, in pubblico e a casa propria. Basteranno le belle parole, e le baionette infantili, per la gloria dello zar-sultano?

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
A Kiev il Concilio di unificazione della Chiesa ortodossa autocefala (Video)
14/12/2018 08:07
Il futuro di Putin secondo il patriarca Kirill
12/01/2018 12:11
Le feste pasquali di Mosca, fra campane, dolci e formaggi
20/04/2017 11:01
Il Papa vorrebbe visitare la Bielorussia. Intanto arriva il nuovo nunzio
17/09/2020 08:29
Kondrusiewicz è ancora cittadino bielorusso. Naval’nyj vuole tornare in Russia
16/09/2020 07:08


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”