22/01/2018, 14.57
CINA-VATICANO
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Il Vaticano domanda ai vescovi legittimi di farsi da parte per lasciare spazio a quelli illegittimi

di John Baptist Lin

Lo scorso dicembre mons. Pietro Zhuang Jianjian di Shantou (Guangdong) è stato obbligato ad andare a Pechino dove “un prelato straniero” del Vaticano gli ha chiesto di lasciare la cattedra al vescovo illecito Giuseppe Huang Bingzhang. La stessa richiesta gli è stata fatta lo scorso ottobre. Mons. Giuseppe Guo Xijin, vescovo ordinario di Mindong dovrebbe diventare l’ausiliare o il coadiutore del vescovo illecito Vincenzo Zhan Silu. Sinicizzare la Chiesa cinese: sostenere il principio dell’indipendenza e seguire la leadership del Partito comunista.

Guangzhou (AsiaNews) – La Santa Sede ha chiesto a mons. Pietro Zhuang Jianjian di Shantou (Guangdong) di ritirarsi per lasciare il posto a un vescovo scomunicato. A un altro vescovo, riconosciuto dal Vaticano, ma non dal governo, è stato chiesto di farsi da parte e diventare ausiliare o coadiutore di un altro vescovo illecito.

Per la seconda volta in tre mesi, la Santa Sede ha domandato le dimissioni di mons. Zhuang. Egli è stato ordinato in segreto nel 2006 con l’approvazione del Vaticano. Il governo cinese, però lo riconosce solo come sacerdote e invece sostiene il vescovo scomunicato mons. Giuseppe Huang Bingzhang, da lungo tempo membro dell’Assemblea nazionale del popolo, il parlamento cinese.

Una lettera con data 26 ottobre domandava all’88enne mons. Zhuang di dare le dimissioni e lasciare la cattedra al vescovo scomunicato, che la Santa Sede è in procinto di riconoscere. Una fonte ecclesiale nel Guangdong, che ha chiesto l’anonimato, riferisce ad AsiaNews: “Quella volta mons. Zhuang ha rifiutato di obbedire e ha piuttosto accettato di ‘portare la croce’ per aver disobbedito”.

La fonte ecclesiale racconta un ulteriore incidente: il 18-22 dicembre scorsi, mons. Zhuang è stato prelevato dalla sua diocesi nel sud e portato sotto scorta a Pechino per incontrare alcuni alti rappresentanti del governo centrale e una delegazione del Vaticano.

Rappresentanti del governo avevano messo sotto controllo mons. Zhuang fin all’11 dicembre. Pur sapendo che il vescovo è vecchio e non in buona salute, e che il clima di Pechino era freddissimo, essi si sono rifiutati di acconsentire alla sua domanda di non andare nel nord, garantendogli la presenza di un dottore. La fonte precisa che con mons. Zhuang hanno viaggiato sette rappresentanti governativi, ma a nessun sacerdote è stato dato il permesso di aggiungersi.

L’anziano vescovo è stato ospite all’hotel Huguosi. Il 19 dicembre è stato condotto a visitare alcuni monumenti; il giorno dopo è stato portato a visitare le sedi dell’Associazione patriottica e del Consiglio dei vescovi cinesi, dove si è incontrato con i vescovi Ma Yinglin, Shen Bin e Guo Jincai, rispettivamente presidente, vice-presidente e segretario generale del Consiglio dei vescovi. L’Associazione patriottica e il Consiglio dei vescovi non sono riconosciuti dalla Santa Sede; inoltre, i vescovi Ma e Guo sono entrambi illeciti e non ancora riconciliati con il Vaticano.

Il 21 dicembre, mons. Zhuang è stato portato all’hotel statale Diaoyutai. Lì è stato accolto da tre rappresentanti dell’Amministrazione statale per gli affari religiosi; quindi, il p. Huang Baoguo, un sacerdote cinese che lavora alla Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, lo ha condotto a incontrare – come dice la fonte di AsiaNews – “un vescovo straniero e tre sacerdoti stranieri del Vaticano”.

Da quando Cina e Santa Sede hanno ripreso i dialoghi ufficiali nel 2014, mons. Claudio Maria Celli, è stato messo fra i responsabili dei negoziati. Egli, pur essendo in pensione, ha lavorato in passato nella Segreteria di Stato, ed è molto pratico del dossier Cina-Vaticano, e per questo è stato in Cina diverse volte. La fonte pensa che il prelato presente all’incontro fosse mons. Celli.

La fonte di AsiaNews afferma che “il vescovo straniero” ha spiegato a mons. Zhuang lo scopo del loro viaggio in Cina, che era fare qualcosa per raggiungere un accordo con il governo cinese, e quindi far sì che mons. Huang, il vescovo illegittimo, diventasse il vescovo ordinario della diocesi.

La fonte continua spiegando che la delegazione vaticana ha chiesto a mons. Zhuang di ritirarsi, confermando quanto scritto sulla lettera datata 26 ottobre, aggiungendo a consolazione del vecchio vescovo, la possibilità che egli possa suggerire a mons. Huang tre nomi di sacerdoti da cui quest’ultimo avrebbe scelto il vicario generale.

“Mons. Zhuang, nel sentire ancora la richiesta è scoppiato a piangere”, afferma la fonte e aggiunge che “sarebbe inutile nominare come vicario generale un sacerdote che mons. Huang potrebbe rimuovere a suo piacimento”.

Alcuni vescovi del sud della Cina si sono opposti all’idea di riconoscere così in fretta mons. Huang, scomunicato ufficialmente dalla Santa Sede nel 2011, quando egli ha accettato l’ordinazione episcopale senza mandato del papa. Uno dei vescovi, che ha chiesto l’anonimato, ha detto ad AsiaNews che il Vaticano ha chiesto a loro un’opinione su mons. Huang. “Non so – ha aggiunto - la conclusione di tutto ciò, ma questa che appare è una brutta soluzione”.

Sulla situazione di Shantou, AsiaNews ha chiesto conferma anche presso il Vaticano. Un rappresentante familiare con il dossier Cina ha detto che la lettera ricevuta da mons. Zhuang era solo una richiesta di opinione sul vescovo illecito mons. Huang; un'altra personalità ha taciuto. Il card. Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong ha confermato le notizie raccolte da AsiaNews.

L’affare di Mindong

Mentre mons. Zhuang veniva interrogato nel freddo di Pechino, la delegazione vaticana si è spostata verso il sud, nella provincia del Fujian per incontrarsi con mons. Vincenzo Zhan Silu, uno dei sette vescovi illeciti che aspettano il riconoscimento del Vaticano.

Fonti locali affermano che al vescovo ordinario di Mindong, mons. Giuseppe Guo Xijin, della Chiesa sotterranea, è stato chiesto di ridursi ad essere il vescovo ausiliare di mons. Zhan. Una voce dice che egli potrebbe diventare il suo vescovo coadiutore.

Mons. Guo ha subito circa un mese di detenzione prima della Settimana santa del 2017. Secondo una delle fonti di AsiaNews, durante questa prigionia i rappresentanti del governo hanno presentato a mons. Guo un documento da firmare in cui lui accetta “volontariamente” di essere retrocesso a vescovo coadiutore. La firma era la condizione per ottenere per lui il riconoscimento del governo.

Mons. Zhan non ha voluto né confermare l’incontro, né ha rivelato dettagli riguardo a come va avanti il processo per il suo riconoscimento da parte della Santa Sede. Ad AsiaNews egli ha solo detto che rappresentanti vaticani e cinesi hanno incontri regolari sui negoziati.

Un sacerdote della comunità sotterranea di Mindong ha detto che egli non sapeva della visita della delegazione vaticana. “È ovvio che per noi è dura da accettare [questa decisione], ma abbiamo il diritto di opporci al Vaticano?”, ha detto. Ma ha aggiunto che se le cose si mettono in questo modo, “potrei pensare ad abbandonare il mio sacerdozio”.

La notizia sulla riduzione dello status di un vescovo ordinario può sembrare strana o incredibile nella Chiesa universale, ma non in Cina. Lo scorso ottobre, il segretario generale del Partito comunista cinese, Xi Jinping, nel suo rapporto di lavoro alla sessione iniziale del 19mo Congresso nazionale del Partito ha suggerito di adottare “nuovi approcci” nel lavoro sugli affari etnici e religiosi.

“Qiushi”, una rivista di alto livello sulle teorie comuniste, gestita dal Comitato centrale del Partito, lo scorso 15 settembre ha pubblicato un articolo dal titolo “Teoria e pratiche innovative sul lavoro religioso a partire dal 18mo Congresso nazionale del partito comunista cinese”, che si è svolto nel 2012.

Finora non è apparsa una chiara elaborazione sulle “pratiche innovative” legate alla Chiesa cattolica in Cina. Ma lo scorso 14 dicembre l’Associazione patriottica e il Consiglio dei vescovi hanno diffuso un piano quinquennale per “sinicizzare” la Chiesa cattolica. La pista della “sinicizzazione delle religioni” è un termine che Xi Jinping ha usato per la prima volta in un incontro con il Fronte Unito nel 2015. La questione è concentrata sull’esigere dalle religioni di sostenere il principio dell’indipendenza e seguire la leadership del Partito comunista.

Per la Santa Sede, il riconoscimento di sette vescovi illeciti (erano otto, ma uno è morto lo scorso anno) è una parte spinosa dei negoziati Cina-Vaticano. Fra questi sette vescovi mons. Huang e altri due sono stati pubblicamente scomunicati dalla Santa Sede. In cambio di ciò, la Cina dovrebbe riconoscere circa 20 candidati all’episcopato per la comunità ufficiale nominati dalla Santa Sede in questi anni; alcuni sono già stati ordinati in segreto; in più, Pechino dovrebbe accettare circa 40 vescovi della comunità sotterranea.

Secondo un articolo del card. John Tong, pubblicato nel febbraio 2017, la nomina dei vescovi è il problema cardine dei negoziati a porte chiuse che si tengono fra Cina e Vaticano.

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