Il Papa nomina un suo “rappresentante” per il Vietnam
Un passo significativo, anche se non ci sono ancora pieni rapporti diplomatici, interrotti dal 1975. Un lento cammino per il rispetto della libertà religiosa. Ma per i cattolici vietnamiti la “normalità” è ancora lontana, contraddetta da non rari episodi di sopraffazione e violenza da parte delle autorità.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Significativo passo avanti nei rapporti tra Vaticano e Vietnam. Come Benedetto XVI aveva annunciato ufficialmente nel discorso del 10 gennaio al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, da oggi c’è un “rappresentante pontificio” per il Vietnam. E’ mons. Leopoldo Girelli, finora nunzio apostolico in Indonesia, nominato oggi “Nunzio Apostolico in Singapore, Delegato Apostolico in Malaysia e in Brunei, e Rappresentante Pontificio non-residente per il Viêt Nam”.
Anche se il “rappresentante” non è un nunzio e non ci sono pieni rapporti diplomatici, un delegato papale torna dunque in Vietnam. I rapporti diplomatici con il Paese sono interrotti dal 1975 dopo l’occupazione di Saigon, dove il delegato vaticano era douto andare da Hanoi. E ciò malgrado in quegli anni Paolo VI fosse intervenuto a più riprese contro i bombardamenti americani del Nord. Papa Montini si adoperò sia in forma pubblica - con appelli e in particolare con le lettere scritte al presidente Johnson e ai capi dei due Vietnam (1967) - sia in forma riservata per una soluzione negoziata del conflitto.
Il fallimento di un tentativo di costruire una Chiesa patriottica sul modello cinese - peraltro ancora sostenuta dal Partito comunista - e il lento lavoro del Vaticano per convincere il governo dell’utilità della collaborazione con la Chiesa cattolica hanno permesso da un lato di trovare un modus vivendi, basato sul consenso del governo ai candidati, per le nomine dei vescovi - quasi impedite dopo l’unificazione - e dall’altro di consentire via via spazi maggiori di intervento ai cattolici. Questo attuale atteggiamento del governo vietnamita viene messo in relazione, oltre che con pressioni internazionali, con la convinzione che la Chiesa cattolica può essere di aiuto sia nell’assistenza a poveri ed handicappati che nella gestione di scuole materne e strutture sanitarie, tutti compiti teoricamente riservati ad istituzioni statali. Viene valutata positivamente anche l’opera che essa può compiere per “ridare l’anima” ad un Paese che tenta di affrontare i fenomeni della ricerca dell’arricchimento a tutti i costi e della corruzione.
Ciò non toglie che restino non rari episodi di repressione, se non di persecuzione, in quanto il governo appare intenzionato ad avere il pieno controllo sui cattolici, che rappresentano circa il 10 per cento della popolazione. Tra le cause, le richieste per il rispetto dei diritti umani e la “confisca” da parte delle autorità di terreni delle istituzioni cattoliche, cresciuti a dismisura di valore dopo la scelta del partito di aderire all’economia di mercato. Così è stato persino per il complesso della ex delegazione apostolica di Hanoi - preso dalle autorità nel 1959 - divenuto nel 2008 è un parco pubblico, dopo tensioni e contrasti con l’arcivescovo e i fedeli che ne reclamavano la restituzione, che in un primo momento era stata ventilata.
Alla nomina di oggi, per la quale il Papa nel discorso ai diplomatici ha espresso “soddisfazione”, si è arrivati dopo una serie di visite di delegazioni dell’una e del’altra parte, che hanno avuto il loro punto di maggior rilievo con la visita del Primo ministro Nguyen Tan Dung in Vaticano nel 2007 e quella del presidente Nguyen Minh Triet l’11 dicembre 2009 (nella foto), la prima volta che un Presidente vietnamita in Vaticano dal 1975. Ed è del giugno dello scorso anno il secondo incontro del “Gruppo di lavoro congiunto” tra Vietnam e Vaticano, che ha l’obiettivo ufficiale di portare avanti il processo per la normalizzazione dei rapporti diplomatici.
La nomina di oggi, infine, viene resa nota mentre è in atto il congresso del Partito comunista vietnamita. E se nessuna notizia è stata finora data nel Paese, dal punto di vista della Santa Sede, è un passo di rilievo per permettere una vita “normale” della Chiesa vietnamita. Ma da un altro punto di vista, può rappresentare un “messaggio” per la Cina. Pechino e Hanoi sono molto sempre state vicine, in campo politico, militare ed economico. E anche nelle politiche ecclesiastiche. (FP)
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