Il Consiglio di sicurezza Onu taglia i fondi allo Stato islamico
New York (AsiaNews/Agenzie) - Il Consiglio di sicurezza Onu ha approvato all'unanimità una risoluzione volta a bloccare il flusso di milioni di dollari che arriva nelle casse dello Stato islamico (SI), denaro proveniente dal contrabbando di petrolio, vendita di antichità e pagamenti di riscatti. Il testo, presentato in un primo momento dalla Russia, è stato sottoscritto ieri da oltre 35 Paesi a conferma della volontà della comunità internazionale di bloccare la minaccia jihadista. Le Nazioni Unite intendono dunque aggiungere ulteriori sanzioni contro il movimento jihadista che, nell'ultimo anno, ha conquistato ampie porzioni di territorio in Siria e Iraq. La risoluzione riguarda anche altri gruppi islamisti come il Fronte di al-Nusra, la cellula di al Qaeda in Siria.
La risoluzione esorta tutti e 193 i Paesi membri ad applicare "misure appropriate" per combattere il traffico di antichità e reperti storici da Iraq e Siria. Viene inoltre stilata una lista di singoli individui che hanno commerciato in modo illegale con i militanti dello Stato islamico e altri gruppi terroristi dell'area, alimentandone le casse. Secondo un recente rapporto, solo nel novembre 2014 lo Stato islamico ha guadagnato fra gli 850mila e 1,6 milioni di dollari al giorno dalla vendita di petrolio.
Ai governi di tutto il mondo, spiegano i vertici delle Nazioni Unite, spetta il compito di "impedire ai terroristi di beneficiare in modo diretto o indiretto dal pagamento di riscatti o concessioni politiche di altra natura" per il rilascio degli ostaggi. Una nota, quest'ultima, diretta in particolare ai governi europei che - aggirando il bando - trovano il modo di pagare riscatti e taglie ai miliziani per ottenere la liberazione di propri concittadini.
Un appello viene rivolto anche al governo di Ankara perché rafforzi i controlli lungo la frontiera turca, considerata il principale varco attraverso il quale transitano reperti antichi e petrolio di contrabbando. Tuttavia, secondo gli esperti non sarà facile garantire l'applicazione di queste nuove norme a causa dell'alto numero di intermediari che commerciano con i jihadisti e l'enorme mole di denaro che alimenta il traffico.
L'ambasciatore siriano all'Onu Bashar Ja'afar commenta con favore la risoluzione, sottolineando che è il "provvedimento più completo" contro il terrorismo mai preso finora; giudizi favorevoli giungono anche dall'omologo statunitense Samantha Power, secondo cui essa è "parte di una strategia globale per rintuzzare e, in ultima battuta, annientare [il gruppo terrorista]".
Intanto non si ferma l'avanzata sul terreno delle milizie dello Stato islamico, che ieri avrebbero assunto il controllo di gran parte della cittadina di al-Baghdadi, nella provincia occidentale di Anbar, poco distante da una base dell'aviazione irakena che ospita circa 300 marines Usa. Fonti locali parlano di pesanti scontri tuttora in corso nella zona fra jihadisti ed forze di sicurezza governative. Un portavoce del Pentagono riferisce che non vi sarebbero stati attacchi diretti alla base militare.
Il nuovo attacco sferrato dallo Stato islamico non preoccupa uno dei massimi esponenti dell'esercito di Teheran, il generale Qassem Suleimani, secondo cui il movimento estremista è "pressoché finito". Il potente e influente militare iraniano - in prima linea contro i jihadisti - ricorda le recenti sconfitte militari di Daesh (acronimo arabo dello SI) e di altri gruppi terroristi in Iraq e Siria, in base alle quali "siamo certi che questi gruppi si stanno avvicinando alla fine della loro esistenza".