01/07/2010, 00.00
LIBANO
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I maroniti hanno un nuovo beato, ma soffrono per la divisione dei loro capi politici

di Fady Noun
La beatificazione di Estephan Nehmé è stata un evento eccesiale cattolico, quindi universale, ma anche comunitario. Tra le tante presenze, il capo dello Stato e il primo ministro, ha stupito l’assenza del presidente della Camera e soprattutto quelle di Aoun e Frangié. Mons. Rahi: necessaria la “purificazione della memoria” della guerra.
Beirut (AsiaNews) – Il Libano, dal 27 giugno ha un beato in più: Estephan (Stefano)  Nehmé. La cerimonia di beatificazione, con la partecipazine di quasi 60mila persone, è stata un avvenimento ecclesiale cattolico, quindi universale, ma con un significato anche comunitario. E’ stato un evento maronita. Il beato era un monaco dell’Ordine libanese maronita (OLM), maroniti i fedeli accorsi, la quasi totalità dei concelebranti e numerose delle personalità presenti.
 
Tra loro il capo dello Stato, Michel Suleiman, che aveva a fianco il primo ministro sunnita, Saad Hariri. Mancava, però, il presidente sciita della Camera, che non si è neppure fatto rappresentare. In un Paese nel quale l’accordo tra le comunità è sacro, l’assenza ha sorpreso.
 
Mancavano anche due delle principali figure politiche maronite: il generale Michel Aoun e il ministro Sleiman Frangié, entrambi in disaccordo con il Patriarcato maronita.
 
La loro assenza è il riflesso di una “dispersione” malsana delle file maronite. E’ una dispersione che non riflette una diversità politica, tutto sommato normale, ma piuttosto le gravi “fratture” ereditate dalla guerra. Ed è sicuro che la disunione dei suoi capi politici - alcuni dei quali rifiutano persino di parlarsi – indebolisce il ruolo che la comunità maronita potrebbe giocare, collettivamente, nel raddrizzare il Paese.
 
In proposito, dopo la cerimonia, rispondendo a una domanda, mons. Béchara Rahi, arcivescovo maronita di Jbeil, si è detto convinto che è “indispensabile” una purificazione della memoria della guerra. E di ricordare che la politica, definita “l’arte del bene comune” è per la Chiesa una possibile via per la santità. E vivi applausi dei presenti ha sollevato padre Joseph Moannès - che ha commentato vivacemente la cerimonia - quando rivolgendosi ai politici ha detto: “volete cambiare il Libano, datevi da fare per dargli più santi”.
 
La festa ha comunque dominato la giornata, al convento dei santi Giustiniano a Cipriano a Kfifane, luogo della cerimonia, che alcuni hanno raggiunto camminando tutta la notte. Con il prefetto del dicastero vaticano per le cause dei santi, mons. Angelo Amato - che ha letto il decreto di beatificazione di Benedetto XVI - il patriarca maronita Nasrallah Sfeir - che ha tenuto l’omelia – e e il superiore dell’Ordine maronita, padre Élias Khalifié che ha espresso la “gratitudine” del Libano per la sollecitudine mostrata verso la beatificazione di fratel Estephan e annunciato due prossime beatificazioni, quelle del patriarca Estephan Doueyhi, “grande dottore della Chiesa maronita” e di padre Béchara Abou Mrad, sacerdote greco-cattolico, la tomba del quale si trova al convento del Santo Salvatore, vicino Saïda.
 
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