Hiroshima, 73 anni dopo i giapponesi chiedono un mondo senza armi nucleari
Alle 6.15 una preghiera congiunta fra i fedeli cristiani, shintoisti e buddisti. La dichiarazione di pace del sindaco: “La famiglia umana non deve dimenticare. La politica del deterrente nucleare è pericolosa e instabile”. Una messa in memoria delle vittime e incontri per non dimenticare.
Hiroshima (AsiaNews) – A 73 anni dalla bomba su Hiroshima, il popolo giapponese non dimentica la tragedia e ribadisce il proprio desiderio di un mondo libero da armi nucleari. “Alle 6.15, c’è stato un momento di preghiera al parco della Pace”, racconta p. Alberto Berra, missionario del Pime ad Hiroshima. Ad esso partecipano fedeli cristiani – cattolici e protestanti – insieme a buddisti e shintoisti, in memoria delle vittime del 6 agosto 1945.
Subito dopo, una cerimonia ufficiale, presenziata dalle autorità e rappresentanti di 85 Paesi, dal premier Shinzo Abe e dal sindaco di Hiroshima, che pronuncia la consueta “dichiarazione di Pace”. Alle 8.15, ora in cui nel 1945 la bomba “Little Boy” esplose sulla popolazione, i presenti si sono raccolti in un momento di silenzio.
Quest’anno, il sindaco di Hiroshima, Kazumi Matsui, ha ribadito con rinnovata forza il proprio appello per un mondo senza armi nucleari. “Se la famiglia umana – ha dichiarato – dimentica la sua storia o smette di affrontarla, potremmo commettere di nuovo un terribile errore”. Per questo, il Giappone deve guidare la comunità internazionale verso “dialogo e cooperazione per un mondo senza armi nucleari”. Matsui si è scagliato contro la politica del “deterrente nucleare” per mantenere l’ordine internazionale attraverso la paura: esso è un approccio “del tutto instabile ed estremamente pericoloso”. Si stima che al mondo esistano 14mila testate nucleari.
Alla fine della cerimonia ufficiale, la comunità cattolica si è diretta verso la cattedrale per celebrare una messa in memoria delle vittime, in presenza del Nunzio.
I cattolici di Hiroshima ricordano l’evento con due giorni di iniziative, a cui partecipano cristiani da tutte le diocesi, e molti giovani. “Ci sono vari programmi che iniziano il 5 agosto, che culminano con la messa della sera – racconta p. Berra – quest’anno il tema è ‘What I can do for peace’, dove è esplicito il riferimento a ‘Ican’ (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons), il gruppo che ha vinto il premio Nobel per la pace nel 2017. Ci sono vari incontri e testimonianze dei sopravvissuti alla tragedia della bomba atomica, sia da parte dei giapponesi che i coreani che erano presenti. È importante trasmettere tutto questo alle nuove generazioni”. Questa sera, un concerto concluderà i due giorni di celebrazioni.
L’esplosione della “little boy” e i suoi effetti causarono nell’arco del 1945 circa 140mila morti. Gli “hibakusha” (sopravvissuti alla bomba) continuano la loro campagna contro le armi nucleari. Al momento quasi 155mila di loro sono ancora in vita, e hanno una media di 82 anni, dato che rende sempre più urgente trasmettere la memoria della tragedia ai più giovani. Molti hibakusha erano al memoriale, nonostante l’età avanzata e l’ondata di calore che da settimane colpisce il Paese.