23/06/2020, 11.22
CINA
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Coronavirus: La blogger Zhang Zhan incriminata per i suoi reportage da Wuhan

È detenuta in un carcere di Shanghai per aver turbato la stabilità sociale e creato problemi di ordine pubblico. Ha denunciato la cattiva gestione della crisi da parte del governo. Gli amici temono che la sua fede cristiana la spinga al martirio. Il governo reprime chi parla della pandemia. Cancellati post dal “muro del pianto” virtuale in ricordo di Li Wenliang.

Shanghai (AsiaNews) – L’autorità giudiziaria ha incriminato in modo formale Zhang Zhan, la “cittadina giornalista” che da febbraio a metà maggio ha raccontato l’emergenza Covid-19 a Wuhan (Hubei), epicentro della pandemia di coronavirus.

Secondo Radio Free Asia, l’avvocato quarantenne ha ricevuto l’atto di incriminazione il 19 giugno. L’accusa è di aver “turbato la stabilità sociale e creato problemi di ordine pubblico”. Ella era stata arrestata il 15 maggio mentre si trovava al Caiguang Hotel di Wuhan, e portata nel carcere di Pudong a Shanghai, la città dove risiede.

Nella sua ultima diretta streaming su YouTube, postata il 13 maggio, Zhang ha raccontato la perdita di posti di lavoro a Wuhan, le difficoltà dei tassisti locali in assenza di clienti e le intimidazioni che la popolazione subiva dalla polizia urbana (Chengguan). Nei suoi post, la blogger è stata spesso critica con il governo per la gestione della crisi.

Zhang, che respinge ogni accusa, era già stata arrestata lo scorso settembre a Shanghai: passò 60 giorni in carcere per aver manifestato a favore dei dimostranti pro-democrazia di Hong Kong. Gli amici temono che la sua fede cristiana la spinga al martirio.

Altri tre “cittadini giornalisti” erano spariti a Wuhan in febbraio. Li Zehua,  che aveva parlato dei forni crematori cittadini aperti 19 ore al giorno, è riapparso il 22 aprile dopo un periodo agli arresti. Di Fang Bin e Chen Qiushi non si hanno invece ancora notizie.

In base a dati ufficiali, dall’imposizione del lockdown a Wuhan a fine gennaio, il governo ha incriminato o arrestato migliaia di persone con l’imputazione di aver diffuso false informazioni sul coronavirus e di aver così creato problemi di ordine pubblico.

È la stessa accusa con la quale le autorità hanno tentato di zittire Li Wenliang, il medico 34enne di Wuhan, che già in dicembre aveva condiviso su delle chat la scoperta di una “polmonite atipica” più aggressiva della Sars. Li è morto il 6 febbraio per il coronavirus. Da allora la sua pagina Weibo – noto social network cinese – è stata inondata di commenti a sostegno del suo coraggio. Negli ultimi giorni, tanti dei post lasciati sul “muro del pianto” virtuale in ricordo di Li sono stati cancellati o rimossi. Tale fatto ha scatenato le proteste dei netizen cinesi.

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