Cina: è in corso la peggior repressione da anni
Almeno 5 noti attivisti sono in carcere per generiche accuse di “sovversione contro il potere statale”.
Lo scrittore e autore di blog Ran Yunfei di Chengdu (Sichuan) è stato invitato presso la polizia il 20 febbraio per “prendere un tè”. Da allora è in carcere per “sovversione”. Il suo blog e il suo profilo su Twitter hanno oltre 44mila contatti.
Hua Chunhui di Wuxi (Jiangsu) è detenuto dal 21 febbraio per “minaccia alla sicurezza statale”: sul suo blog ha pubblicato messaggi riguardanti la Rivoluzione del Gelsomino.
Liang Haiyi, abitante ad Harbin, è stata sentita dalla polizia il 19 febbraio e trattenuta per sovversione: avrebbe messo su internet “informazioni prese da siti esteri riguardanti la rivoluzione del Gelsomino”.
La polizia ha prelevato Ding Mao a casa, il 19 febbraio a Mianyang (Sichuan) per “istigazione alla sovversione”. Ha già passato in carcere oltre 10 anni, quale fondatore del Partito socialdemocratico cinese.
Chen Wei, attivista di Suining (Sichuan) per i diritti, è detenuto dal 20 febbraio per “sovversione”. Anche lui ha passato anni in carcere per avere difeso i diritti umani.
Ci sono frequenti notizie di pestaggi praticati dalla polizia e di centinaia di interrogatori, minacce, sparizioni di altri dissidenti. Per essere incarcerati o condannati basta un semplice sospetto della polizia. Arresti e perquisizioni non sono limitati agli attivisti per i diritti, ma è pure colpito chiunque sia sospettato di avere caricato su internet inviti alla protesta o notizie non gradite. Yuan Feng, migrante dell’Henan stabilitosi a Shantou (Guangdong), è stato condannato alla pena amministrativa di 10 giorni di carcere ed è tuttora detenuto per avere messo su internet notizie sulle proteste del Gelsomino.
Sono tanti gli “scomparsi”, tra cui i noti difensori di diritti Tang Jitian, Jiang Tianyong, Teng Biao e Gu Chuan. La polizia rifiuta di dare notizie e si teme abbiano subito gravi condanne penali per pretesi fatti di sovversione. Il legale Liu Shihui è stato pestato a sangue a Guangzhou il 20 febbraio da ignoti.
Chrd teme che “mentre l’attenzione del mondo è rivolta alle proteste in Nord Africa e in Medio Oriente, il governo cinese creda di avere un’ottima occasione per colpire duro i democratici e attivisti per i diritti umani”. Per questo il gruppo si appella ai governi democratici e agli organi internazionali perché ribadiscano a Pechino che “l’oppressione della libertà di espressione e di protestare è inaccettabile, sia nel Medio Oriente che in Cina”.