09/09/2016, 11.37
GIORDANIA - MEDIO ORIENTE
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Chiese del Medio Oriente: Basta vendere armi, vinca la pace

Ad Amman si è conclusa la XI Assemblea generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (Mecc). I leader cristiani lanciano un appello contro la vendita di armi e per il sostegno ai profughi di Mosul. ai musulmani il compito di collaborare alla creazione di un ambiente sicuro. La Giordania esempio di libertà religiosa.

Amman (AsiaNews) - Bloccare la vendita di armi ai gruppi terroristi che imperversano in Siria e Iraq, favorendo una soluzione pacifica del conflitto. Fornire tutto il sostengo necessario per gli sfollati, in particolare i cristiani che hanno dovuto abbandonare le loro case e le loro terre per sfuggire alla guerra e alle persecuzioni. Particolare attenzione meritano i profughi di Mosul e della piana di Ninive, per i quali è necessario attuare tutti gli sforzi perché possano tornare nelle loro case. Sono questi alcuni fra i vari punti delineati nel documento finale, elaborato dai leader cristiani a conclusione della XI Assemblea generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (Mecc), che si è svolta dal 6 all’8 settembre ad Amman, in Giordania.

I partecipanti hanno denunciato ogni forma di estremismo, terrorismo e chiesto la collaborazione dei musulmani - e dei leader politici regionali e internazionali - per la creazione di un ambiente sicuro e libero da persecuzioni. In tal senso va rimarcato il ruolo della Giordania e della monarchia Hascemita in un’ottica plurale e multiculturale, un Paese che resta un modello e un esempio per il Medio oriente. 

All’evento hanno aderito 22 fra capi e rappresentanti delle principali realtà ecclesiali della regione, ospitate dal Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme. Presenti, fra gli altri, il patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako (neo presidente Mecc per il prossimo quadriennio), l’emerito di Gerusalemme dei Latini Fouad Twal, il patriarca siro-cattolico, Ignace Youssif III, il patriarca greco-melkita Gregorio III, il patriarca copto-ortodosso, Tawadros II, il catholicos armeno Aram I e il patriarca greco-ortodosso di Antiochia Yohanna X.

L’assemblea generale è iniziata il 6 settembre scorso e il titolo è tratto dal salmo 118: “Celebrate il Signore perché è buono, perché eterna è la sua misericordia”. Un monito e un richiamo al ruolo dei cristiani, in particolare i fedeli in Medio oriente, a essere strumento di misericordia dove attorno vi è  violenza, abusi, guerre e disperazione. Nel documento finale vi è anche un richiamo all’elezione del presidente della Repubblica libanese (carica che spetta a un cristiano ed è vacante da oltre due anni), una soluzione alla crisi palestinese e un appello alla liberazione dei vescovi (Youhanna Ibrahim e Boulos al-Yaziji) rapiti tre anni fa in Siria. 

La scelta della Giordania come Paese ospitante il summit delle Chiese della regione conferma il ruolo di primo piano svolto dal regno Hascemita nella tutela dei luoghi santi e della difesa delle libertà religiosa. Lo stesso re Abdallah II durante un incontro con i leader Mecc al Palazzo Al Husseiniya ha sottolineato a più riprese il ruolo dei cristiani come ponti di dialogo e la Giordania quale “modello di coesistenza armoniosa” fra cristiani e musulmani. Gli arabi, siano essi musulmani o cristiani - ha aggiunto il monarca - devono affrontare “le stesse sfide”; inoltre, i cristiani “sono parte integrante della fabbrica sociale araba” e “proteggere i loro diritti” è “compito di tutti noi”. 

Molti gli interventi che si sono succeduti in questi giorni di incontri e confronti. Tawadros II, "papa" dei copti ortodossi, ha esortato cristiani e musulmani a “lavorare insieme” per “diffondere amore e pace” in Medio oriente. Alla chiesa il compito di “servire la madrepatria”. Teofilo III, primate della Chiesa ortodossa di Gerusalemme, invita i leader cristiani a “mobilitare l’opinione pubblica mondiale” per proteggere i fedeli e “incoraggiarli a rimanere nella loro terra”. La presenza cristiana è minacciata da migrazione ed esodi forzati; ai musulmani, aggiunge, il dovere di “unire le forze” per garantire la presenza cristiana in Medio oriente. 

Il patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini Fouad Twal sottolinea il valore “dell’unità” fra cristiani di denominazioni diverse per “superare” le minacce e “diffondere la cultura di pace e amore”. “Unire gli sforzi - ha aggiunto - è un compito più difficile, ma che può fare una grande differenza”. Infine mar Louis Raphael Sako, primate caldeo, ha suggerito la formazione di una commissione composta anche da politici ed esperti di legge, per approfondire le vicende della regione e fornire visioni chiare e soluzioni per il futuro. E ancora, la nomina di una delegazione di alto livello chiamata a interagire con le autorità religiose musulmane. 

Nella giornata conclusiva i presenti hanno infine eletto i presidenti delle diverse denominazioni che compongono il Mecc. Per la famiglia cattolica la scelta è caduta su mar Sako. Fondata nel 1974 a Nicosia, capitale di Cipro, il Consiglio delle Chiese del Medio oriente ha oggi sede a Beirut, in Libano. Esso ha lo scopo di favorire la convergenza delle comunità cristiane della regione su temi di interesse comune e favorire il superamento di divisioni e contrasti di natura confessionale. 

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