Card. Zen: Sembra che qualcuno voglia farci tacere
Hong Kong (AsiaNews) - Un giornale comunista di Hong Kong ha cominciato a spargere la notizia che Pechino e Vaticano sono vicini ad un accordo. Poi venne la voce del Segretario di Stato di Sua Santità: "Le prospettive sono promettenti, tutte e due le parti desiderano il dialogo."
Tra alcuni amici che da lungo tempo ci interessiamo della Chiesa in Cina ci scambiamo un senso di sorpresa, non riusciamo a lasciarci trascinare da questa ventata di ottimismo, non vediamo nessun segno di un possibile prossimo cambiamento della politica religiosa della Cina comunista.
Ora arrivano due interviste concesse da due vescovi in Cina a Gianni Valente, giornalista che lavora per l'agenzia Fides. Ho avuto un gusto amaro a leggere queste due interviste. Mi pare che Gianni Valente voglia dirci: "Vedete, due vescovi in Cina, fedeli al Papa e che hanno sofferto per questa fedeltà, sono pienamente in favore di un dialogo tra Cina e Vaticano. Voi altri, che non condividete questo entusiasmo, fate bene a tacere".
PREMESSA
Prima di venire all'analisi delle due interviste, vorrei premettere due osservazioni:
1) Chi va a intervistare persone ecclesiastiche in Cina, siano quelle della Chiesa ufficiale siano quelle della Chiesa clandestina, ma specialmente se sono quelli della zona grigia, un po' sopra un po' sotto, deve ricordare bene che queste non sono persone libere, quando parlano in pubblico non possono dire quello che vogliono, altrimenti capiterà a loro quello che è capitato al Vescovo Taddeo Ma di Shanghai. È ingenuo supporre che possano parlare liberamente. È crudele e ingiusto farli parlare quando si sa che non sono liberi ed i lettori possono essere ingannati.
2) Mi dispiace notare che Gianni Valente, un giornalista stimato, abbia fatto uso di domande tendenziose (leading questions) per far dire agli intervistati quello che egli voleva. Per esempio, nell'intervista con Mons. Wei, parlando della divisione tra i cattolici cosiddetti ufficiali e clandestini, aggiunge "che spesso sembra alimentata da ambizioni personali e lotte di potere". Parlando poi delle trattative tra Cina e Vaticano, dice: "Per alcuni se la Santa Sede tratta con il Governo cinese, rischia di apparire arrendevole o addirittura di svendersi." Similmente, nell'intervista con Mons. Han, parlando di un possibile dialogo tra la Santa Sede e Pechino, aggiunge: "Non ci saranno quelli che considerano una scelta sbagliata e suicida ogni apertura per trovare un accordo?"
A
Veniamo all'analisi dell'intervista con Mons. Wei Jing Yi di Qiqihar.
1. Qual'è il problema tra Cina e Vaticano? Nonostante l'imbeccata, Mons. Wei dice molto bene: "Non c'è bisogno di andare indietro di duemila anni. Il problema attuale, la ragione della divisione di comunità in ufficiale e clandestina è una sola: nella Cina attuale esse sono il risultato di una pressione venuta dall'esterno. Ci si è divisi davanti al modo in cui il Governo tratta la Chiesa e poi queste divisioni si sono cristallizzate nel corso della storia."
2. Siccome il problema è tutto qui, allora i cosiddetti errori storici delle due parti non hanno gran che a che fare. Basta che il Governo cambi il suo modo di trattare la Chiesa, il problema si solve da sé. La domanda di Gianni Valente "Chi deve fare il primo passo?" è superflua. Mons. Wei dice ben: "La Chiesa ha già fatto il primo passo. Papa Francesco sta facendo tanti sforzi per esprimere il suo desiderio di dialogo.
3. Nelle summenzionate "domande tendenziose", Gianni Valente insinua che ci saranno persone che si oppongono al dialogo tra Santa Sede e Pechino e considerano ogni tentativo come un tradimento della Chiesa. Questo è un grande equivoco e causa gravi malintesi. Nessuno nega che senza il dialogo non si risolvono i problemi. Ma perché il dialogo riesca occorre la buona volontà da ambedue le parti. Da parte di Roma, c'è ovviamente questa buona volontà. Ma c'è anche dalla parte di Pechino? Supporre che ci sia, in un ottimismo infondato, è pericoloso. Può essere ""wishful thinking". Se la controparte non è disposta a cedere niente e noi vogliamo arrivare ad ogni costo ad un accordo, l'unica cosa da fare è di arrenderci, vendere noi stessi. Dunque noi non temiamo il dialogo. Non siamo contrari al dialogo, ma abbiamo paura di un compromesso ad oltranza, un cedere senza una linea di fondo.
4. La nostra linea di fondo è quella che Papa Francesco chiama "nostra identità" (Omelia Messa concelebrata con i Vescovi asiatici in Korea) ed è la ecclesiologia cattolica esposta nella Lettera di Papa Benedetto del 2007, alla quale Papa Francesco ha pure fatto un esplicito riferimento.
In questi anni la situazione della Chiesa in Cina si è sempre più allontanata da questa linea di fondo. Chiesa indipendente, vescovi ordinati senza mandato papale, si tratta di fatto di una Chiesa scismatica, anche se non la si vuol chiamare tale. Che cosa ci fa sperare che il Governo comunista sia ora disposto a tornare sulla nostra linea di fondo? Permettere che la nostra Chiesa diventi di nuovo una vera Chiesa cattolica? La Chiesa in Cina è gravemente anormale. È il Governo che gestisce la Chiesa. Perché possa tornare normale ci vuole un miracolo.
5. I problemi da risolvere sono tanti:
Certamente il più grave problema è quello della nomina dei vescovi. In questi anni che sono membro della Commissione per la Chiesa in Cina e sono un Cardinale cinese, non sono mai stato informato se erano in corso delle trattative con la Cina ed a quale punto si trovavano. Perciò non so quale sia l'accordo che stanno per concludere. Voglio solo sperare che la Santa Sede capisca che senso ha la parola "elezione" in Cina. E che si ricordi che in Cina non esiste la Conferenza Episcopale. Ne esiste solo il nome.
Un altro problema cruciale è l'Associazione Patriottica. Le "voci" che arrivano dicono già che non sarà possibile eliminare l'Associazione Patriottica. Allora che speranza c'è che le cose possano tornare normali? Mons. Wei pensa che la natura dell'Associazione Patriottica possa cambiare. Temo che se il nome rimane, rimarrà più o meno la stessa cosa. Nei giochi di parole la Santa Sede non sarà all'altezza dei comunisti cinesi.
Oltre la nomina dei vescovi e l'Associazione Patriottica, c'è un mucchio di situazioni irregolari da regolarizzare: vescovi illegittimi e scomunicati, vescovi illegittimi con partecipazione in altre ordinazioni episcopali illegittime, vescovi legittimi con una o più partecipazioni in ordinazioni illegittime, vescovi legittimi con partecipazione di vescovi illegittimi alla loro ordinazione... Tutti casi gravi di irregolarità. Se la Santa Sede pensa di passarci sopra alla chetichella, rischierà di perdere la sua credibilità.
Nell'arrangiamento finale di una vera unità anche nella struttura, come saranno bilanciati i diritti delle due comunità? Il criterio dovrebbe essere il bene dei fedeli. Ma la parte comunista cinese acconsentirà?
6. Il Segretario di Stato Card. Parolin ha detto recentemente che noi dobbiamo guardare alle cose dal punto di vista teologico. Se non capisco male, vuol dire "dal punto di vista della verità di fede e della giustizia". Se la parte comunista cinese non accetta questo criterio e non si vuol compromettere, a noi non rimane molto spazio di manovra. Non è facile arrivare ad un accordo. La tentazione di cedere ulteriormente non è solo immaginaria. In questi ultimi anni, non abbiamo già ceduto troppo?
Ancora recentemente lo stesso Card. Parolin, in occasione di commemorare il Card. Casaroli, si è espresso con alti elogi riguardo alla famosa Ostpolitik che la Segreteria di Stato aveva adottato nei riguardi dei Paesi dell'Europa Est. E nel descrivere gli ecclesiastici che non accettavano il controllo del Governo, ha usato espressioni come "oppositori sistematici", "gladiatori", "gente a cui piace comparire sul palco della politica"... Questo atteggiamento non ci lascia tranquilli.
7. Mons. Wei ha detto la parola più importante alla conclusione dell'intervista: "Come la batteria è la cosa più essenziale per il funzionamento di tanti aggeggi moderni, la preghiera è quella che terrà viva la fede."
Solo allora saremo capaci di accettare anche un fallimento completo al presente e non per un immediato successo sacrificheremo le nostre convinzioni e la disciplina della Chiesa. Nessun accordo è meglio che un cattivo accordo. Non possiamo, pro bono pacis, intascare un accordo che ci tradisce.
B
Non voglio parlare troppo dell'intervista di Gianni Valente con Mons. Han Zhi Hai di Lanzhou. Egli ha espresso chiaramente la sua non-accettazione di quelle persone che "dal di fuori danno comandi e danno ordini su ciò che gli altri devono o non devono fare riguardo alla loro fede." Io voglio pensare che Papa Benedetto non sia uno "dal di fuori". Certamente anche Papa Benedetto spera un giorno di vedere sparire la divisione tra ufficiali e clandestini. Ma fin quando il Governo esigerà per questo condizioni che la coscienza cattolica non può accettare, la desiderata unione non è possibile. Mi congratulo con Mons. Han perché i suoi preti lo hanno aiutato a fare il discernimento e lo hanno convinto che il momento dell'unione non è ancora arrivato.
C
Mentre finisco di scrivere arrivano notizie contrastanti riguardo la sorte di Mons. Shi En Xiang di Yixian, da 14 anni tolto violentemente dal suo ufficio pastorale e dagli affetti dei suoi parenti. C'è stato l'annuncio della sua morte, contraddetto poi da altre informazioni. Quando ci daranno notizie certe di questo eroico presule di ormai 94 anni? È già morto? Dove? Quando? Daranno ai suoi parenti e ai suoi fedeli il suo corpo o le sue ceneri? Può Gianni Valente aiutarci in questo? C'è poi Mons. Su Zhi Min di Baoding. È ancora vivo? Dove è detenuto?
Quando questi due venerandi vescovi sono privati della fondamentale dignità umana, mi è difficile immaginare come i rappresentanti della Santa Sede possano pacatamente dialogare con la controparte comunista.
(Nella foto: il card. Zen e membri di Giustizia e pace di Hong Kong in una dimostrazione per chiedere notizie sulla sorte di mons. Cosma Shi Enxiang, lo scorso 14 febbraio 2015)
07/04/2018 12:38