Buddisti birmani attaccano un villaggio Rohingya, decine di morti fra cui donne e bambini
Yangon (AsiaNews/Agenzie) - Un gruppo di buddisti arakanesi, sostenuti dalle forze di sicurezza birmane, ha attaccato alcuni Rohingya del villaggio musulmano di Du Char Yar Tan, nella cittadina di Maungdaw, nello Stato occidentale di Rakhine, in Myanmar. L'assalto è avvento nella prima mattinata di martedì 14 gennaio, anche se la notizia è stata diffusa in queste ore grazie alla denuncia del movimento attivista Arakan Project; l'attacco avrebbe causato la morte di oltre una decine di musulmani, fra i quali donne e bambini. Tuttavia, i contorni della vicenda restano oscuri e non si hanno conferme ufficiali di morti o feriti da parte delle autorità. Al contrario, il portavoce del presidente birmano e vice-ministro per l'Informazione Ye Htut smentisce il racconto di media e attivisti, aggiungendo che "la polizia sta indagando solo sulla scomparsa di un agente nella zona".
Testimoni locali confermano l'escalation di tensione nella zona nell'ultimo mese; a scatenare le divisioni, un sermone al vetriolo del leader del movimento estremista buddista 969 U Wirathu, che ha girato a lungo la zona invocando la cacciata dei Rohingya. Essi, sebbene siano una piccola minoranza nel Paese, costituiscono il 90% della popolazione nella parte settentrionale dello Stato di Rakhine.
Secondo la ricostruzione della vicenda fornita dal gruppo attivista, il 13 gennaio alcuni poliziotti hanno compiuto un raid nel villaggio "confiscando telefoni cellulari" e "verificando l'identità degli abitanti". Essi avrebbero reagito all'ispezione, cercando di respingere con la forza gli agenti e alcuni poliziotti sarebbero stati colpiti.
Il mattino seguente la polizia è tornata nella zona, in compagnia di un gruppo di soldati e alcuni abitanti buddisti arakanesi, alla ricerca di un agente dato per disperso dalla sera precedente; una notizia che i Rohingya smentiscono con forza. Fonti di Arakan Project riferiscono che i buddisti e le forze di sicurezza avrebbero attaccato le donne e i bambini presenti al villaggio - gli uomini erano già fuggiti nella notte nel timore di ritorsioni - uccidendone almeno 18 di loro. Alcune donne sarebbe anche state stuprate. "Il fatto che la morte sia avvenuta per accoltellamento - aggiungono - e non per arma da fuoco dimostra che dietro le uccisioni ci sono gli abitanti buddisti dell'area, e non la polizia".
All'indomani delle violenze, la polizia avrebbe arrestato oltre 50 persone appartenenti alla minoranza Rohingya. Shwe Maung, parlamentare musulmano del partito di governo Usdp, conferma le voci di tensioni nella zona, pur trattandosi di "racconti contrastanti" fra loro. "Un gruppo di persone è scomparso" aggiunge, e in questi casi "i Rohingya sono propensi a credere che siano morti". Centinaia di esponenti delle forze di sicurezza pattugliano l'area e "la tensione è altissima".
Dal giugno del 2012 lo Stato occidentale di Rakhine è teatro di scontri violentissimi fra buddisti birmani e musulmani Rohingya (800mila circa in tutto il Myanmar), che hanno causato almeno 200 morti e 250mila sfollati. Per il movimento attivista con base negli Stati Uniti Human Rights Watch (Hrw) nella zona è in atto una vera e propria "pulizia etnica" dal parte delle autorità. Il governo birmano considera la minoranza musulmana alla stregua di immigrati irregolari, provenienti dal vicino Bangladesh.