Beit Jimal, estremisti attaccano la chiesa di Santo Stefano. Mons. Marcuzzo: Deriva fanatica
Il luogo di culto dei salesiani sorge 27 km a ovest di Gerusalemme. Gli assalitori hanno causato danni ingenti, distrutte statue e vetrate. La condanna del Consiglio dei Capi della Chiesa cattolica di Terra Santa. Vicario di Gerusalemme: atto vandalico che “si inserisce nel solco degli episodi avvenuti in passato”.
Gerusalemme (AsiaNews) - Ai “danni ingenti” provocati dalle distruzioni delle statue e delle vetrate, si aggiunge il profondo dolore causato “dal fanatismo di questi gruppi di persone, che non vogliono accettare la diversità e la fede dell’altro”. Così mons. mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, neo vicario patriarcale per Gerusalemme e la Palestina, commenta ad AsiaNews l’attacco portato nella serata di ieri “da alcuni fanatici” [come lui stesso li definisce e con tutta probabilità “estremisti ebraici”] alla chiesa di Santo Stefano a Beit Jimal. Il luogo di culto è parte di un complesso gestito dai salesiani che comprende un monastero e un cimitero, teatro nel 2016 di una profanazione.
“Siamo in un periodo di festa - racconta mons. Marcuzzo - per il capodanno ebraico [Rosh Ha-shanà] e musulmano [Hégire]. In questo clima di gioia e celebrazioni, abbiamo ricevuto ieri la notizia di questo nuovo attacco. I vandali hanno fatto irruzione all’interno della chiesa e hanno distrutto le croci, la statua della Madonna e le vetrate artistiche, oltre che i volti dei santi”.
Il danno, prosegue il vescovo, non è solo economico ma è dovuto “al messaggio fanatico che questo attacco racchiude: una ideologia che non accetta la fede, la visione dell’altro. Nell’Antico Testamento c’è scritto di distruggere le statue perché simbolo di idolatria. Ecco, queste persone distorcono le Scritture e promuovono il fanatismo. Forse non è un attacco diretto ai cristiani, ma certo è un messaggio contro quanti non condividono la loro ideologia e fa paura, perché mostra che non vi è rispetto per gli altri, viene minata la convivenza sociale”.
L’episodio è avvenuto “ieri alla vigilia della festa - spiega il vicario patriarcale -, un giorno che ha un valore simbolico e una carica che è persino superiore alla festa stessa”. “Siamo di fronte - aggiunge - a un evento estremamente negativo, anche perché compiuto alla vigilia di una celebrazione che richiama alla gioia, alla collaborazione fraterna”.
Il villaggio sorge circa 27 km a ovest di Gerusalemme e riveste un grande valore a livello storico. Nelle vicinanze si è scoperto nel recente passato una lapide, che rivelerebbe il luogo della sepoltura dello stesso santo e, più di un secolo fa, erano già emersi importanti mosaici. L’attacco è avvenuto a meno di un chilometro dal punto in cui sorge la cappella dedicata a Santo Stefano. Nella zona oggi sono rimasti solo i salesiani, un gruppo di monache e alcuni membri della comunità della Famiglia monastica di Betlemme, dell'Assunzione della Vergine Maria e di San Bruno.
In una nota i capi della Chiesa cattolica di Terra Santa condannano un episodio “spiacevole e scandaloso” e chiedono allo Stato [di Israele] e al tutte le istituzioni interessate “di punire gli aggressori ed educare le persone a non compiere simili atti”. Infine, i leader cristiani rilanciano l’obiettivo comune “dell’imparare a vivere insieme”.
Negli ultimi anni estremisti ebrei e coloni hanno colpito diversi obbiettivi cristiani e musulmani secondo la logica del cosiddetto “price tag”: il “prezzo” che cristiani e musulmani devono pagare, secondo gli estremisti israeliani, per aver “sottratto loro la terra”. Un tempo il fenomeno era diffuso solo nelle aree al confine come la Cisgiordania e a Gerusalemme, ma oggi si è esteso in gran parte del territorio.
Fra gli ultimi episodi vi è l’incendio alla chiesa della moltiplicazione dei pani e dei pesci a Tabgha. A luglio la corte israeliana di Nazareth ha condannato Yinon Reuveni, estremista ebraico di 22 anni, per l’attacco. Egli sarebbe anche sospettato di un attentato incendiario nel febbraio 2015 alla basilica della Dormizione di Gerusalemme e di aver pianifico l’incendio delle moschee circostanti l’avamposto ebraico in Cisgiordania di Baladim, nella provincia di Binyam.
L’attacco di ieri, conclude mons. Marcuzzo, “si inserisce nel solco degli episodi avvenuti in passato. Può darsi che si tratti di estremisti ebraici, non lo sappiamo con certezza e al momento non si hanno riscontri. Ma la matrice è quella che si nasconde dietro gli attacchi a Tagba o in altri edifici cristiani della Terra Santa”.(DS)
18/01/2016 10:49
25/10/2016 14:31