02/07/2015, 00.00
THAILANDIA
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Bangogk: Migliaia di lavoratori scioperano contro le leggi sulla pesca illegale

Il regolamento deciso dal governo (e imposto dall’Unione Europea) prevede la registrazione delle barche, l’installazione di sistemi satellitari e l’obbligo di equipaggiamento adeguato. I pescatori sono poveri e non possono permetterseli, solo pochi sono i regola: “Dovevano darci più tempo”.

Bangkok (AsiaNews/Agenzie) – Migliaia di pescatori stanno scioperando in 22 province (su 76 totali) del Paese a seguito della decisione del governo di rendere effettive le leggi volte a contrastare la pesca illegale. Lo scorso aprile, l’Unione Europea aveva sanzionato con un “cartellino giallo” la Thailandia, minacciando di sospendere le importazioni di pesce se il Paese non fosse riuscito, entro sei mesi, a raggiungere precisi standard di regolamentazione della pesca.

La pesca illegale è un problema condiviso da molti Paesi del sud-est asiatico, in quanto mina la sicurezza dei lavoratori, diminuisce le entrate fiscali e danneggia ambiente a causa dall’ampio uso di esplosivi e cianuro, che distruggono gli habitat dei pesci.

Le azioni richieste al governo comprendono la registrazione delle barche, l’istallazione di sistemi satellitari in grado di tracciare il percorso dei pescherecci, la costruzione di centri per il controllo della pesca, l’aumento dei controlli del pescato nei porti.

La messa in pratica delle regolamentazioni ha impedito alla maggioranza dei pescatori di entrare in mare per paura di essere fermati dalla polizia, perché sprovvisti dell’equipaggiamento e dei documenti richiesti. I lavoratori illegali rischiano fino a tre anni di prigione. Per solidarietà, anche molti pescatori in regola si sono rifiutati di prendere il mare.

Il Thailand’s National Shippers’ Council ha reso noto che 40mila imbarcazioni risultano registrate, mentre 3mila mancano all’appello. Nonostante ciò, un’alta percentuale della flotta peschiera thai è fuori dal controllo governativo perché (anche se registrata) manca della documentazione e dei certificati richiesti, rendendo difficile il rintracciamento.

Kamolsak Lertpaiboon, segretario generale della Fishing Association of Thailand e Aphsit Techanitisawad, presidente del Thai Overseas Fisheries, sono concordi nel dire che i pescatori necessitano di più tempo per adeguarsi alle leggi, e che il governi ha sbagliato nel renderle effettive così presto. Lertpaibon ha aggiunto che “molte delle barche illegali appartengono a semplici paesani, che hanno bisogno di essere addestrati e necessitano di fondi per comprare l’equipaggiamento richiesto”.

Il generale Prayut Chan-o-cha, Primo ministro, ha richiamato alla calma, dicendo che l’operato del governo è necessario, che l’industria peschiera è rimasta indisciplinata per troppo tempo, e ha invitato i pescherecci in regola a sospendere lo sciopero: “Non possiamo evitare questo giro di vite – ha detto – perché cosa accadrà se non ci adeguiamo agli standard internazionali? Le imbarcazioni che possono pescare devono farlo”.

 La Thailandia è il terzo esportatore di pescato al mondo, per un mercato che, secondo i dati della Thai Frozen Foods Association, l’anno scorso ha raggiunto i 3 miliardi di dollari. Il giro d’affari con l’Europa ammonta tra i 575 e i 730 milioni di euro l’anno.

Wiriya Sirichaiekawat, vice presidente della National Fisheries Association of Thailand teme che uno sciopero prolungato “possa portare a dei licenziamenti”, colpendo in modo serio un settore che occupa circa 300mila persone, soprattutto migranti illegali dai Paesi confinanti.

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