08/05/2017, 15.11
BANGLADESH
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Bangladesh: un costante 'stillicidio' di conversioni all’islam

Un rapporto della polizia evidenzia un nuovo fenomeno: indù convertiti all’islam violento. I fedeli indù sono da sempre bersaglio della maggioranza islamica. La pressione dei fondamentalisti ha più presa su persone deboli ed emarginate. Disaccordo su come gestire i fondi stanziati dall’Arabia saudita per madrasse e moschee. “Se non il terrorismo, i centri culturali islamici potrebbero incrementare l’integralismo”.

Dhaka (AsiaNews) – Uno “stillicidio costante di passaggi dalle religioni di minoranza all’islam, soprattutto tra gli indù; e in queste conversioni non stupisce che i nuovi fedeli musulmani abbraccino le idee militanti del terrorismo”. È quanto riporta ad AsiaNews una fonte locale, anonima per sicurezza, commentando un fenomeno emerso di recente in Bangladesh: quello delle conversioni da parte di un numero sempre crescente di indù all’islam violento e radicale.

Il fenomeno è venuto a galla con i continui raid che le forze antiterrorismo stanno conducendo su tutto il territorio per disinnescare le minacce di futuri attentati dopo la strage nel bar di Dhaka del primo luglio scorso. Durante gli arresti, i poliziotti hanno accertato la presenza di militanti islamici che nei covi dei terroristi fabbricavano bombe. L’elemento di novità sta nel fatto che molti di loro sono “fedeli di nuova acquisizione”, cioè persone che hanno abbracciato la fede islamica in età adulta e in precedenza conducevano una vita in apparenza agiata e senza preoccupazioni. Non solo, questi convertiti aderiscono all’aspetto più violento della religione islamica.

Finora non sono stati pubblicati numeri ufficiali sulle conversioni ma, continua la fonte, “non è insolito vedere persone che si convertono all’islam. Il governo ci tiene a far sapere che non ci siano conversioni forzate, ma non è un argomento di cui si discute”. Analizzando i rapporti della polizia, riferisce, “ciò che si evidenzia subito è che i convertiti sono indù. Tutto questo non ci stupisce, perché quella indù è la più grande tra le comunità di minoranza e dal punto di vista storico è sempre stata quella più bersagliata. Inoltre essi sono bengalesi, quindi hanno tratti somatici più simili ai musulmani e più facilmente assimilabili, a differenza dei tribali che sono aborigeni”.

Secondo la fonte, si può parlare di un continuo “dissanguamento dei fedeli indù, bersaglio dei fondamentalisti da quando è avvenuta la divisione tra India e Pakistan nel 1947 e aggravata ancora di più con le successive guerre indo-pakistane”. “Lo stillicidio è costante – dichiara – perché gli indù sono discriminati sul posto di lavoro e subiscono varie forme di disagio nella vita sociale”. Non sono rari “gli episodi di violenza come gli omicidi e le requisizioni delle terre, che sono più facili quando il proprietario è indù o tribale”.

Questa “situazione non si traduce necessariamente in conversioni di massa, ma in un continuo esodo all’estero verso l’India o nel passaggio e nell’integrazione nella comunità musulmana di maggioranza”. Inoltre la conversione all’islam “è facile, avviene in poco tempo con la semplice pronuncia di una formula di fede e una visita in moschea. Poi però non si può più tornare indietro, altrimenti si viene considerati traditori”.

La fonte riferisce che le conversioni hanno più presa “su persone deboli, che già subiscono forme di discriminazione ed emarginazione. Esse sono adescate con la promessa di un buon lavoro e di una vita migliore, di successo e da eroi. Per una persona frustrata e giovane, queste motivazioni hanno un grande fascino”. Da qui “il passaggio al radicalismo è breve. Perché coloro che fanno pressione per le conversioni sono quasi sempre radicali”.

Un’altra fonte registra un elemento che desta ancora più preoccupazione: “Gli enormi finanziamenti stanziati dall’Arabia saudita per costruire madrasse e moschee in tutto il Paese [circa 10,8 miliardi di euro per 560 moschee e scuole coraniche, ndr]”. “Nessuno sa cosa si insegna in queste scuole” continua la fonte locale, che aggiunge che “il governo dovrebbe controllare in maniera più rigida da dove vengono i fondi, chi sono gli insegnanti, che tipo di islam si diffonde”. In linea teorica, questi centri culturali potrebbero diventare un enorme bacino cui i gruppi islamici possono attingere, dal momento che qui studiano giovani in tenera età. C’è da ammettere, continua, che “le banche stanno attuando sempre più controlli sui soldi che provengono dall’estero e su come vengono spesi i capitali”. Ad ogni modo “il dubbio rimane su come facciano i militanti a comprare armi sofisticate e costose. Prima nei rifugi si trovavano solo pochi fucili e qualche pistola, ora invece si scoprono armi di ultima generazione. Tra l’altro, dalla radicalizzazione non sono esenti nemmeno le donne”.

A proposito dei fondi garantiti da Riyadh, la prima fonte prevede che “in questo caso si scontreranno due tendenze: da una parte, il governo di Dhaka che vuole incanalare le risorse verso un islam tollerante e moderato; dall’altra, i finanziatori che sperano di gestire in maniera autonoma i soldi. Non è detto che il risultato sarà il terrorismo, ma di certo molto integralismo”.

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