Bangladesh, condannato a morte leader islamico. Ma il Paese ‘si sta deteriorando’
Dhaka (AsiaNews) - Ali Ahsan Mohammad Mujahid, figura di spicco del Jamaat-e-Islami (partito fondamentalista islamico), è stato condannato a morte per omicidi di massa e torture compiuti durante la guerra di liberazione del 1971 in Bangladesh. Il tribunale internazionale per i crimini di guerra a Dhaka ha emesso oggi la sentenza contro il leader islamico, riconoscendolo colpevole per cinque dei sette capi d'imputazione a lui ascritti. Il suo partito ha già annunciato un hartal (sciopero) per protestare contro il verdetto.
Questo è il sesto giudizio contro esponenti del Jamaat: due giorni fa Ghulam Azam, considerato il leader spirituale del partito, è stato condannato a 90 anni di prigione.
Oggi segretario generale del partito, nel 1971 Mujahid guidava l'Islami Chhatra Shibir (oggi ala studentesca del partito). Il 14 dicembre di quell'anno, due giorni prima della resa dell'esercito pakistano e la proclamazione dell'indipendenza, egli fu tra quelli che ordinò l'esecuzione di oltre 100 intellettuali di Dhaka.
Il Jamaat giudica "strumentali" i verdetti emessi dal tribunale internazionale per i crimini di guerra, e da mesi usa gli hartal come forma di protesta. Tuttavia, tali scioperi degenerano sistematicamente in violenze di ogni tipo, provocando anche vittime.
Secondo una fonte locale di AsiaNews la situazione è inasprita dalle nuove elezioni generali, che si terranno il prossimo dicembre e che vedranno scontrarsi - di nuovo - il Bangladesh Nationalist Party (Bnp, partito nazionalista all'opposizione) e l'Awami League (partito secolarista al governo).
"Uno dei punti del programma di governo - spiega - era di arrivare a una condanna dei criminali di guerra del 1971". Tuttavia, sottolinea, "è stato uno dei pochi [punti] mantenuti e coinvolge tutti grandi esponenti del partito fondamentalista islamico. Il governo ha voluto fare un atto di forza, anche positivo perché i condannati sono effettivamente colpevoli. Ma il momento è sbagliato. E il rischio è che alle prossime elezioni vinca il Bnp, che è appoggiato dal partito fondamentalista islamico".
A fare le spese di questa situazione politica è però soprattutto la popolazione. "Gli scioperi - aggiunge la fonte - sono su scala nazionale e degenerano sempre in violenze e atti intimidatori. Da qualche tempo il Bangladesh è diventato meta di investimenti da parte dei Paesi stranieri, anche perché la nostra manodopera costa molto poco, ma queste tensioni non aiutano. In più la gente è spesso bloccata, non può muoversi e non riesce a fare una vita normale". I bangladeshi, racconta, "non sono per l'estremismo, sono un popolo tendenzialmente tranquillo. La gente è stanca e non ne può più. Questo Paese si sta deteriorando".
16/06/2015
11/05/2016 08:50