Banca mondiale e Chiesa vietnamita contro gli espropri forzati: un freno allo sviluppo
Hanoi
(AsiaNews) - L'annosa questione delle proprietà terriere in Vietnam, causa di
ripetuti abusi ed espropri forzati ai danni di singoli e comunità, non è solo
un problema giuridico e costituzionale, ma rappresenta un freno allo sviluppo
economico del Paese. Le tensioni sociali che derivano dalle dispute sulle terre
- una battaglia che ha visto la Conferenza episcopale lottare a fianco dei
cittadini - rischiano infatti di allontanare gli investitori stranieri e
offuscare gli obiettivi di crescita. L'allerta non proviene solo da attivisti e
organizzazioni a tutela dei diritti umani, ma dagli stessi esperti della Banca
mondiale; gli analisti dell'istituto con sede a Washington parlano di possibili
"rivolte sociali" innescate dalla requisizione forzata delle terre, per progetti edilizi o attività industriali. E un dato, fra i tanti, conferma i
timori degli economisti: nel 2012 si è registrato il tasso di crescita più
basso degli ultimi 13 anni.
Victoria
Kwakwa, direttore nazionale per il Vietnam della Banca mondiale, sottolinea che
"l'incapacità di risolvere le dispute sui terreni", potrebbe peggiorare la "disuguaglianza",
perché molti rischiano di "perdere l'uso delle terre senza un risarcimento
adeguato". E questo, a sua volta, "porterebbe a rivolte sociali". L'analista
parla anche di "mancate opportunità" nel settore degli investimenti, che sono
necessari per "creare posti di lavoro e promuovere una rapida crescita del
Vietnam". Nessuna di queste prospettive, chiosa, "è l'ideale" per il Paese.
Le
stime governative e i dati ufficiali sull'economia confermano la gravità del
problema. Nel 2013 la crescita si è attestata attorno al 5,4%, ma scenderà al
5,25% il prossimo anno; si tratta del dato più basso registrato dal 1999 a
oggi. In soli tre anni si sono contate circa 700mila dispute sui terreni, molte
delle quali hanno riguardato i compensi a titolo risarcitorio. Dati della Banca
mondiale riportano che dal 2001 al 2010 circa un milione di ettari di terreni
agricoli è stato riconvertito per scopi diversi; tuttavia, le controversie
sulla proprietà delle terre hanno bloccato o ritardato di almeno due anni molti
degli 80 progetti infrastrutturali finanziati dalla Banca asiatica per lo
sviluppo (Adb), per un totale di 9 miliardi di dollari.
Imprenditori,
costruttori e investitori preferiscono tenere fermi progetti e cantieri, perché
il rischio di improduttività è forte e le dispute legali finiscono per
procrastinare i tempi di realizzazione, con una crescita esponenziale dei
costi. Inoltre, lo stesso politburo del Partito comunista nel novembre scorso
ha ammesso l'aumento della "corruzione", cui si uniscono la pratica diffusa
delle "trattative sottobanco" e i traffici illegali di dirigenti e funzionari
che "abusano della posizione per bustarelle e profitti illegali".
Hanoi
cerca di correre ai ripari e, nel novembre scorso, ha approvato una legge che
intende limitare le dispute sui terreni, che trasformano contadini inferociti
in eroi di massa. La norma entrerà in vigore nel luglio 2014 e prevede che il
governo non possa sequestrare terreni, come accade ora, con la scusa dello
"sviluppo economico". La requisizione forzata potrà avvenire solo per opere
socio-economiche di interesse "generale".
Negli
ultimi anni la Chiesa vietnamita e la comunità cattolica si sono più volte
scontrate con le autorità per vicende legate al possesso dei terreni. A fine
settembre il Dipartimento per l'urbanistica di Hanoi ha emesso un decreto di
esproprio sui terreni di proprietà dei Redentoristi della parrocchia di Thai
Ha. Ciò che lo Stato rivendica come "proprietà pubblica", in realtà appartiene
di diritto ai Redentoristi dal 1928. Nel gennaio scorso le autorità della
capitale hanno avviato l'opera di demolizione della chiesa e del centenario
monastero Carmelitano di Hanoi, edificio storico al centro di una lunga
battaglia fra governo e vertici ecclesiastici sulla proprietà dei terreni. E
ancora, il durissimo scontro fra i parrocchiani di Con Dau e le autorità della
provincia di Da Nang, nel centro del Paese. L'area comprende il cimitero e si
estende per 10 ettari, utilizzati da 135 anni dai fedeli per la sepoltura dei
defunti; da tre anni Hanoi tenta in tutti i modi di sequestrare gli storici
terreni, per realizzare un resort turistico di lusso.
La
Conferenza episcopale vietnamita è intervenuta più volte a difesa non solo dei
fedeli, ma di tutte quelle fasce più povere della popolazione, spesso vittime
degli abusi delle autorità. I prelati hanno inoltre promosso una massiccia
campagna per una riforma della Costituzione che riconosca anche il diritto di
proprietà, e non solo l'usufrutto come avviene ora. L'attuale legislazione è
stata fonte di "numerosi abusi e gravi ingiustizie", affermano i vescovi, per
questo la nuova Carta "deve riconoscere il diritto di possesso dei terreni ai
propri cittadini e alle organizzazioni private, così come avviene nella
stragrande maggioranza dei Paesi al mondo".
Sulla
controversia che vede contrapposti i parrocchiani di Con Dau e le autorità di
Da Nang è intervenuta anche un'alta funzionaria delle Nazioni Unite, che si è
espressa a favore della comunità cattolica. Farida Shaheed, inviata speciale
Onu per i diritti culturali, ha menzionato proprio la vicenda dei cattolici di
Con Dau quale "chiara illustrazione" delle "conseguenze disastrose" che possono
derivare da azioni di esproprio forzato. La funzionaria ha inoltre consigliato
al governo di "garantire la proprietà collettiva dei terreni" alle comunità che
desiderano preservare e sviluppare il modo di vivere tradizionale fondato su
agricoltura, pesca o allevamento. I cattolici, aggiunge, non avevano interessi
personali, ma volevano preservare "incontaminato" un modo di vivere la fede, il
quotidiano e la cultura che affonda le radici nelle tradizioni ancestrali. A
fronte di un progetto "che non prevede la costruzione di ospedali o di opere
pubbliche, ma per puro scopo affaristico".