22/06/2018, 11.32
MYANMAR
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Aung San Suu Kyi: ‘Racconti di odio’ dividono il Myanmar

di Lawrence Jangma Gam

La leader democratica: “Per ripristinare la fiducia tra le comunità sono necessari tempo e pazienza”. L’inviato speciale delle Nazioni Unite visita lo Stato di Rakhine e incontra le vittime delle violenze. I politici buddisti smentiscono i dati sul numero dei profughi musulmani. L’Alto commissario per i diritti umani attacca: “Dal Myanmar nessuna credibilità o imparzialità”.
 

Yangon (AsiaNews) -  Provenienti dall'estero, “i racconti di odio” hanno aumentato le distanze tra le comunità in Myanmar. E’ quanto afferma oggi la leader democratica birmana Aung San Suu Kyi (foto), in una dichiarazione pubblicata sui social media. Ieri, il consigliere di Stato aveva ricordato a Christine Schraner Burgener, inviato speciale delle Nazioni Unite (Onu) nel Paese, che “per ripristinare la fiducia tra esse, sono necessari tempo e pazienza”.

Nei giorni scorsi, la funzionaria Onu si è recata nello Stato di Rakhine dove ha visitato il campo di Hla-Hpo-Khaung, costruito per l’accoglienza dei profughi di ritorno dal Bangladesh. I rimpatriati si sono lamentati con lei delle difficili condizioni vissute nei campi per più di sei anni; hanno raccontato che non sono in grado di allontanarsi dalla struttura a causa delle restrizioni poste dalle Forze di sicurezza ai loro movimenti.

Negli uffici amministrativi del distretto di Maung Taw, Burgener ha poi incontrato alcuni rappresentanti delle comunità indù e musulmana, sopravvissuti alle violenze etniche scoppiate lo scorso agosto; ha pianificato incontri con rimpatriati, funzionari governativi, partiti politici e membri delle organizzazioni della società civile e nei prossimi giorni sarà a Naypyidaw, per aprire un ufficio di rappresentanza dell’Onu.

Lo scorso 17 giugno, l’inviato speciale ha incontrato il chief minister del Rakhine, ma non vi sono dichiarazioni ufficiali su quanto discusso. Burgener ha tenuto colloqui anche con i rappresentanti dell’Arakan National Party (Anp), formazione politica che rappresenta gli interessi della popolazione buddista, maggioranza in Rakhine. Essi le hanno spiegato che i dati sui profughi, rilasciati dalle autorità del Bangladesh e dagli organismi internazionali, non “sono accettabili”. Tali statistiche parlano di oltre 700mila profughi musulmani, ma stando ai politici “sono 350mila le persone fuggite da 13 comuni dello Stato”.

Il giorno seguente, l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Zeid bin Ra’ad al-Hussein, ha criticato il Myanmar per “non aver indagato o perseguito coloro che sono coinvolti nelle violazioni dei diritti umani”. Nel discorso di apertura della 38ma sessione del Consiglio per i diritti umani, egli ha dichiarato: “Sebbene il Myanmar abbia dichiarato che indagherà sulle accuse e processerà i presunti colpevoli, le sue azioni fino ad oggi non hanno rispettato gli  standard minimi di credibilità o imparzialità”. Il commissario ha citato “chiare indicazioni di continui e sistematici attacchi”, che delineano “un possibile genocidio della minoranza musulmana in Rakhine”.

L’Onu ha organizzato una missione per indagare sulle violenze negli Stati di Rakhine e Kachin. Naypyidaw ha però negato agli inquirenti i visti d’ingresso nel Paese. Questo mese, il governo e le agenzie delle Nazioni Unite hanno firmato un accordo quadro sul ritorno dei rifugiati. Attraverso la Commissione governativa per i diritti umani, le autorità birmane hanno esaminato alcuni casi di violenza in Rakhine. Tuttavia, le indagini non si sono concentrate su “presunte violazioni sistematiche” ma si sono limitate all’operato dei membri delle Forze di sicurezza.

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