29/10/2019, 09.01
PAKISTAN
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Attivisti per i diritti umani: basta vendette trasversali contro i dissidenti

di Shafique Khokhar

Il prof. Mohammad Ismail è stato sequestrato in pieno giorno a Peshawar. La figlia Gulalai Ismail è una famosa attivista dissidente, vincitrice del Premio Anna Politkovskaya per le campagne contro l’estremismo religioso in Pakistan. L’arresto dell'uomo è una “vendetta”. La detenzione “senza processo è una violazione dei diritti umani”.

Lahore (AsiaNews) – I difensori dei diritti umani condannano l’arresto del padre di Gulalai Ismail, famosa attivista e dissidente pakistana, esule negli Stati Uniti per le persecuzioni subite. Ad AsiaNews Taimur Rehman, attivista politico e leader del Pakistan Mazdoor Kissan Party, che difende i diritti dei lavoratori del settore agricolo, protesta: “È evidente che si tratta di vendetta. La famiglia soffre a causa di ciò che viene riportato della figlia”. Bilal Warraich, avvocato che si è occupato della difesa di altri attivisti pakistani fatti sparire dalle forze di sicurezza, dichiara: “Non basta che Gulalai sia stata costretta a fuggire. Ora anche l’anziano padre è stato rapito in pieno giorno”.

Il 24 ottobre il prof. Mohammad Ismail, padre dell’attivista, è stato fermato dalla polizia pakistana all’uscita dell’Alta corte di Peshawar, dove aveva appena assistito a un’udienza di un processo suo carico. Sia lui che la figlia criticano le violenze compiute dai militari contro il gruppo etnico Pashtun. Dopo un iniziale diniego, le autorità di Islamabad hanno confermato l’arresto. Mohammad Faisal, portavoce del Ministero degli esteri, ha ammesso che l’uomo è detenuto per un caso di crimine informatico “così come previsto dalle nostre leggi”.

Gulalai Ismail, 33 anni, è una sostenitrice del Pashtun Protection Movement (Ptm). Nel 2017 ha vinto il Premio Anna Politkovskaya per le campagne contro l’estremismo religioso in Pakistan. È accusata di “attività contro lo Stato” per aver partecipato alle manifestazioni in supporto del movimento Pashtun nell’agosto del 2018. Arrestata nel novembre dello stesso anno, ha ottenuto il rilascio su cauzione. Dal settembre 2018 vive negli Stati Uniti, dove ha ottenuto l’asilo politico.

La notizia dell’arresto del prof. Ismail ha provocato la reazione anche degli Stati Uniti, che offrono protezione all’attivista. Alice Wells, assistente del Segretario di Stato Usa per l’Asia meridionale e centrale, ha espresso grande preoccupazione per “le continue molestie nei confronti della famiglia di Gulalai Ismail”.

Rehman critica una legge che concede ampi poteri alle forze di polizia. Si tratta della Khyber Pakhtunkhwa Actions (In Aid of Civil Power) Ordinance 2019, che consente la detenzione di un sospettato “fino al proseguimento dell’azione in aiuto del potere civile da parte delle forze armate”. Prima dell’annessione delle aree tribali (Federally Administered Tribal Areas) alla provincia di Khyber Pakhtunkhwa, i regolamenti erano “limitati” alle quelle zone, poi sono stati estesi all’intera provincia. “Invece di ripristinare il potere civile – sottolinea l’attivista –, lo Stato ibrido ha puntato a un pieno dominio della nostra società. Ci troviamo di fronte a una situazione estrema in cui né la società civile né le minoranze religiose possono dare vita a un movimento pubblico”.

Bilal Warraich ricorda che nel 2017 sono stati rapiti alcuni blogger “colpevoli di aver espresso opinioni critiche contro lo Stato. Da avvocato di uno di loro, ho saputo di indicibili forme di tortura”. Poi critica l’abuso della legge sul cybercrime: “Viene usata da invisibili agenzie statali come pretesto per interrogare e torturare le voci del dissenso”. Per Dil Nawaz, teologo e attivista, “è una disgrazia che la libertà d’espressione e di parola venga limitata. Il prof. Ismail è un accademico molto rispettato. Se esistono delle accuse a suo carico, egli deve avere la possibilità di difendersi in un tribunale. Senza processo, la detenzione è una violazione dei diritti umani”.

Naveed Walter, president di Human Rights Focus Pakistan, aggiunge: “La situazione dei difensori dei diritti umani in Pakistan è così insoddisfacente. Essi vengono presi di mira da attori statali e non statali. Coloro che lavorano per donne, minoranze e emarginati sono i più bersagliati. Attivisti e Ong devono poter lavorare in libertà per far prevalere eguali diritti, le norme democratiche e i valori di pace”.

(Ha collaborato Kamran Chaudhry)

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