Attivisti Kachin: Usa e Onu sostengano il cammino (interrotto) di riforme in Myanmar
Naypyidaw (AsiaNews) - Riscrivere la Costituzione in chiave democratica, rimuovendo il veto militare e gli elementi che violano in modo palese i diritti umani; esercitare pressioni per il raggiungimento di un cessate il fuoco nazionale; fornire assistenza umanitaria agli sfollati; politiche estere di investimento che sostengano il processo di pace. È quanto chiedono in una lettera appello inviata al presidente Usa Barack Obama, in qualità di rappresentante della comunità internazionale, i 27 membri di un network formato da decine di attivisti, organizzazioni pro diritti umani e personalità Kachin, fra cui il vescovo di Myitkyina mons. Francis Daw Tang.
Pur apprezzando l'impegno di Washington e dell'Occidente a rafforzare le relazioni diplomatiche e commerciali con Naypyidaw, rimuovendo parte delle sanzioni, gli attivisti chiedono "partner sinceri" per un vero "cambiamento democratico" nella ex Birmania. Restano ancora "molte sfide" e "questioni fondamentali irrisolte", come i conflitti - più o meno latenti - con le minoranze etniche, le violenze confessionali (come la questione dei Rohingya) e il processo di revisione legislativo che è ancora incompiuto.
I leader mondiali sono riuniti oggi nella capitale birmana per partecipare all'East Asia summit, che comprende il blocco Asean, più Stati Uniti, Cina, India, Giappone, Corea del Sud, Australia, Russia e Nuova Zelanda; ieri, invece, si è tenuto il vertice semestrale Asean, l'associazione che riunisce 10 Paesi del Sud-est asiatico, con il Myanmar al momento presidente di turno.
Fra i vari capi di Stato e di governo presenti, vi è anche il presidente statunitense Barack Obama, il quale ha sottolineato che la nazione ha compiuto alcuni progressi in questi anni, ma che il cammino di riforme ha subito un brusco rallentamento e in alcuni casi, è persino regredito. Del resto anche movimenti pro diritti umani e organizzazioni attiviste denunciano restrizioni nei confronti dei prigionieri politici, l'arresto di giornalisti e gli abusi ininterrotti verso la minoranza musulmana Rohingya nello Stato occidentale di Rakhine.
La stessa leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi, presidente della Lega nazionale per la democrazia (Nld), di recente ha confermato che il cammino di riforme è in fase di stallo, mentre l'attenzione generale è rivolta alle elezioni generali del 2015. Il veto militare e la norma contra personam che impedisce alla Nobel per la pace di concorrere alla presidenza confermano, una volta di più, che libertà e diritti nel Paese asiatico subordinati al controllo di una leadership che ha elaborato una forma di "democrazia disciplinata".
Sul tema dei diritti umani e del rispetto delle minoranze in Myanmar è intervenuto anche il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, che esprime "preoccupazione" per i Rohingya e chiede libero accesso alle agenzie Onu per portare aiuti agli sfollati. Anch'egli a Naypyidaw per partecipare al summit, a margine dell'incontro con alti funzionari del governo birmano ha chiesto "rispetto" dei "diritti" e della "dignità" umana. "Ho espresso tutte le mie preoccupazioni - ha aggiunto Ban Ki-moon - per le discriminazioni e le violenze cui sono soggetti i Rohingya".