Attivista cattolica vietnamita in sciopero della fame per protesta contro gli abusi in prigione
Hanoi (AsiaNews/Agenzie) - L’attivista vietnamita cattolica Maria Ta Phong Tan, incarcerata per “propaganda anti-governativa” attraverso il suo blog, ha iniziato da almeno tre settimane uno sciopero della fame per protestare contro gli abusi subiti in cella. La donna, ex poliziotta e conosciuta a livello internazionale per il suo lavoro in rete, denuncia quello che definisce “maltrattamento” dei prigionieri politici da parte delle autorità, rinchiuse in un centro di detenzione della provincia di Thanh Hoa. Nel 2012 è stata condannata a 10 anni di prigione per la sua attività politica e sociale.
A rendere noto lo sciopero della fame è stata la sorella di Maria, Ta Minh Tu, che l’ha incontrata in carcere lo scorso 3 giugno. “Vuole protestare - aggiunge - contro il maltrattamento dei prigionieri politici da parte delle autorità carcerarie”.
Gli altri detenuti hanno celle con finestre e sono circondati da filo spinato; la sua, invece, non ha finestre ed è chiusa da un muro alto quattro metri, “da dove non passa un filo di aria” e le temperature sono elevate, in particolare in questa stagione estiva e arrivano a sfiorare i 40 gradi.
Gli agenti della polizia penitenziaria hanno inoltre sequestrato tutti i prodotti di igiene personale senza fornire alcuna spiegazione. E limitano le telefonate e le comunicazioni con la famiglia. I parenti hanno cercato di convincere l’attivista cattolica, convertita in età adulta, a interrompere lo sciopero della fame, senza risultato.
Maria Ta Phong Tan è un membro della Associazione giornalisti indipendenti del Vietnam (Ijavn) e ha tenuto un blog intitolato Su That Va Cong Ly (Verità e Giustizia), promuovendo compagne online a difesa dell’integrità territoriale del Vietnam nel mar Cinese meridionale. L’attivista ha inoltre lanciato iniziative a difesa dei diritti umani e della democrazia nel Paese.
È stata arrestata insieme al fondatore di Ijavn, il giornalista Nguyen Van Hai meglio noto con il nome di Dieu Cay, e altri attivisti e blogger. Già nel maggio dello scorso anno i suoi familiari avevano denunciato minacce e terrorismo psicologico cui era sottoposta la donna in prigione dalle sue stesse compagne di cella. Le altre detenute erano solite inoltre scagliare maledizioni contro la madre di Maria, Dang Thi Kim Lieng, che si è immolata tre anni fa per protestare contro le accuse alla figlia.
Da tempo in Vietnam è in atto una campagna durissima del governo contro dissidenti, blogger, leader religiosi (fra cui buddisti), attivisti cattolici o intere comunità come successo nel 2013 nella diocesi di Vinh, dove media e governo hanno promosso una campagna diffamatoria e attacchi mirati contro vescovo e fedeli. La repressione colpisce anche singoli individui, colpevoli di rivendicare il diritto alla libertà religiosa e al rispetto dei diritti civili dei cittadini. Secondo il movimento attivista internazionale Human Rights Watch (Hrw) al momento vi sono fra i 150 e i 200 blogger e attivisti rinchiusi nelle carceri vietnamite, con la sola colpa di aver voluto esercitare (e difendere) diritti umani fondamentali.