Asia centrale: arresti e condanne per reclutatori e jihadisti
Bishkek (AsiaNews/Agenzie) – Un giovane di 19 anni arrestato in Kyrgyzstan perché sospettato di reclutare militanti per lo Stato islamico (SI); un uzbeko di 23 anni condannato a 13 anni di reclusione per aver combattuto in Siria al fianco degli jihadisti; un cittadino di nazionalità tajika condannato per “propaganda al terrorismo”. Sono le ultime iniziative attuate dai Paesi dell’Asia centrale per frenare il terrorismo di matrice islamica.
Da mesi le autorità di governo sono impegnate contro il fenomeno dilagante del reclutamento di giovani che decidono di andare a combattere in Siria e Iraq con gli estremisti islamici. Secondo Sergei Smirnov, vice direttore del Federal Security Service russo, le ultime stime parlano di circa 3mila foreign fighters adescati in questi Paesi, di cui circa 500 solo in Kyrgyzstan. Yury Chaika, procuratore generale russo, riferisce inoltre che nelle file del Califfato combattono estremisti provenienti da 100 Paesi.
In alcuni casi i giovani reclutati vengono “accompagnati” dai reclutatori fino in Turchia, principale luogo di transito per chi si vuole unire agli estremisti, come avvenuto con il ragazzo arrestato dalle autorità di Bishkek. In altre occasioni invece gli adescatori assoldano i combattenti su internet, attraverso i social network che incitano al terrorismo. È il caso di Shahboz Azimov, 20 anni, il cittadino del Tajikistan condannato in Russia per “aver invitato i musulmani russi a lanciare una guerra santa contro i non islamici e a unirsi allo SI in Siria e Iraq”.
Azimov non è il primo reclutatore di origine tajika a operare in Russia. Nei mesi scorsi le autorità hanno arrestato a Mosca un altro connazionale, che mandava a combattere giovani spesso inconsapevoli.
Tutti i governi dell’Asia centrale stanno reagendo di fronte alla minaccia del terrorismo di matrice islamica, per esempio con il divieto di indossare il velo e di portare la barba lunga, o di recarsi in pellegrinaggio alla Mecca per i giovani al di sotto dei 35 anni, o sorvegliando le aree di frontiera con Paesi a rischio come l’Afghanistan. Le autorità del Kyrgyzstan hanno anche deciso di sottoporre gli imam a test sulla religione islamica per verificare la loro reale conoscenza della sharia. In questo modo si eviterebbe la diffusione di idee radicali da parte di capi religiosi musulmani “mal istruiti” che non riescono a contrastarne la proliferazione tra i giovani.
03/08/2018 08:29