Ancora sangue in piazza Tahrir a quattro anni dalla rivoluzione anti-Mubarak
Il Cairo (AsiaNews) - Almeno 15 persone sono state uccise ieri in diversi scontri fra manifestanti e polizia nel giorno in cui l'Egitto ricorda il quarto anniversario delle rivolte della "primavera araba" che ha portato alla caduta del rais Hosni Mubarak. Le tensioni sono nate già il giorno prima, quando al Cairo, è stata uccisa l'attivista Shaimaa el-Sabbagh giunta nella capitale da Alessandria per criticare la mancanza di libertà che domina sotto il generale Al-Sisi, accusato di aver compiuto "il funerale della rivoluzione", instaurando, dopo la caduta di Mubarak e di Mohamed Morsi, un regime ancora più aspro di prima.
Al Sisi giustifica invece il pugno duro verso le manifestazioni come una necessità per ridare sicurezza e ordine al Paese, con un'economia allo sfascio e con attacchi continui dei movimenti islamisti.
Ieri a piazza Tahrir prima si sono radunati centinaia di manifestanti pro-Sisi; poi sono giunti centinaia di gruppi laici, amici di el-Sabbagh. Secondo fonti della polizia, militanti islamisti si sono infiltrati nella manifestazione attaccando le forze dell'ordine. La polizia ha usato gas lacrimogeni e proiettili, uccidendo almeno 15 persone e arrestandone 150. Anche fra i poliziotti vi è un morto e 11 feriti.
Sempre ieri, una bomba esplosa nel quartiere di Alf Maskan ha ferito quattro poliziotti e un civile. Due sospetti militanti islamisti si sono uccisi facendosi saltare vicino a un traliccio dell'elettricità nella provincia di Baheira, sul delta del Nilo. Il 23 gennaio una ragazza di 18 anni era stata uccisa ad Alessandria durante una manifestazione.
Al Sisi giustifica la sua mano ferma sulla dissidenza (islamista e laica) come l'unica strada per far rivivere l'economia, azzoppata dai grandi raduni di massa degli scorsi anni e dalla catastrofica gestione di Morsi e ricorda che egli è stato eletto con il 90% dei voti della popolazione. Ma alcuni giorni prima dell'uccisione di al-Sabbagh, parlando all'accademia della polizia, ha ammesso che vi sono stati errori da parte delle forze di sicurezza, pur accusando le proteste di fomentare l'instabilità. Dalla caduta di Morsi, nel luglio 2013, soldati e poliziotti hanno ucciso più di 1400 manifestanti islamisti e oltre 15mila persone sono state arrestate.