Alla Knesset nasce il primo esecutivo post Netanyahu, che giura di tornare
Dopo 12 anni finisce l’era del più longevo premier di Israele. Primo scoglio l’adozione entro 100 giorni del budget statale. Bennett mantiene due figure chiave nei settori della sicurezza interna e militare. E assicura: “Niente atomica all’Iran”. Bibi promette: “Torneremo”. Esponenti della Lista araba attaccano un governo “ancora più a destra” del precedente.
Gerusalemme (AsiaNews) - Dopo 12 anni di tensioni, guerre e focolai interni di violenze, una pandemia globale, quattro elezioni parlamentari in due anni, Israele archivia l’era Benjamin Netanyahu e saluta il nuovo governo. Forse per sempre, ma l’ex premier ha annunciato battaglia.
Una commistione di partiti che va dall’estrema destra alla prima assoluta di un partito arabo, che ieri alla Knesset, il Parlamento israeliano, ha ottenuto una maggioranza risicata di 60 voti favorevoli e 59 contrari su 119 deputati presente (120 i totali). Dati che mostrano una volta di più la frattura fra quanti sostengono - per fedeltà o connivenza - Bibi e il fronte di oppositori che, divisi su diverse questioni, hanno trovato nella cacciata dell’ex primo ministro il collante per dare vita a un esecutivo nuovo e carico di incognite e dubbi irrisolti.
Oggi è in programma il primo incontro fra Naftali Bennett - prevista una alternanza alla guida dell’esecutivo con il principale alleato Yair Lapid a metà legislatura - e l’uscente Netanyahu, il premier più longevo di sempre di Israele. Durante la riunione, in programma a Gerusalemme, si parlerà del passaggio delle consegne in un clima di collaborazione e continuità. In tema di sicurezza trapela già la voce secondo cui Bennett manterrà due pedine chiave nelle alte sfere di comando: il Consigliere per la sicurezza nazionale Meir Ben Shabbat e di quello militare Avi Blut.
Uniti dal desiderio comune di mettere fine all’era Netanyahu, gli otto partiti che sostengono la maggioranza si concentreranno su alcuni temi prioritari, cercando di mettere da parte i (molti) elementi di divisione interna. Fra gli obiettivi rimettere in sesto l’economia e il corpo sociale piagato dalle divisioni e dall’emergenza sanitaria innescata dal Covid-19. Altro elemento prioritario restituire la fiducia dei cittadini nella magistratura e ristabilire la divisione fra i poteri, dopo gli anni di polemiche e scontro frontale fra Bibi e i giudici, oltre a garantire una rinnovata credibilità nella classe dirigente del Paese minata dalla corruzione.
Al netto dell’unione di intenti su alcuni obiettivi comuni restano però le profonde divisioni di un’alleanza anomala: finanziamenti alle città arabe, sicurezza nelle aree C della Cisgiordania, focolai interni di violenze, diritti delle persone omosessuali già respinti dal leader islamista Mansour Abbas. Il primo scoglio all’orizzonte resta però l’adozione del budget dello Stato, che se non sarà raggiunto entro i primi cento giorni di legislatura porterà alla caduta del governo.
Nel primo discorso alla Knesset ieri Bennett ha promesso di essere il premier “in rappresentanza di tutta Israele”. Ringraziando il predecessore per il lavoro svolto, seppur interrotto a più riprese nel suo intervento da esponenti dei movimenti sionisti, egli ha poi rilanciato un tema caro a Netanyahu affermando che “non permetteremo all’Iran di sviluppare armi atomiche”. Nella replica il leader uscente, che resta a capo del Likud e guiderà l’opposizione, assicura una voce “ferma” che si batterà contro l’attuale coalizione sino a che non l’avrà abbattuta. E assicura che presto “torneremo a guidare la nazione”.
Fra i casi di cronaca dell’ultimo periodo che hanno sollevato pesanti scontri vi è la questione del Monte Meron, sul quale si è consumata una tragedia a fine aprile in occasione di un festival religioso, il primo post pandemia, che ha causato decine di morti. Sulla vicenda l’ex ministro della Giustizia Benny Gantz ha promesso di stabilire una commissione di inchiesta governativa. “Questo - avverte - è un debito morale ed etico che dobbiamo alle famiglie [delle vittime]”.
Il leader di Ra’am Mansour Abbas, fondamentale nella nascita dell’alleanza, ha promesso di lottare per la restituzione delle terre in Israele che sono state un tempo “espropriate” agli arabi israeliani. “Questa - sottolinea - è una questione nazionale di primo grado”. Interrompendo il discorso in lingua ebraica, il leader islamico ha quindi ricordato che “veniamo da nazioni diverse, da religioni diverse, da settori diversi. Ma vi è una cosa che collega tutti ed è la cittadinanza”, per poi respingere al mittente l’accusa della destra secondo cui l’esecutivo “venderà il sud” al suo partito.
Fra le voci critiche vi è quella di Ayman Odeh, capo del partito Hadash e dell’alleanza di partiti arabi Lista comune, che parla di “un cattivo governo”. “Stiamo cercando - sottolinea - un tipo diverso di cooperazione fra ebrei e arabi, basato su pace, uguaglianza, democrazia e giustizia sociale che non vediamo in questo governo”. Gli fa eco il deputato e membro della Lista comune Ahmad Tibi, secondo cui il nuovo esecutivo è ancora più a destra di quello presieduto da Netanyahu la cui cacciata resta comunque “una buona notizia” dopo anni di “divisioni e odio”. “Ma l’alternativa - conclude - è una destra ancor più a destra” con un inasprimento “degli insediamenti”.
11/06/2021 11:26
03/06/2021 08:56