Al Azhar contro il Vaticano: le meschinità e la politica
di Bernardo Cervellera
Dietro la decisione di congelare il dialogo con la Santa Sede vi è il rifiuto che nella delegazione vaticana vi sia un esperto dell’islam di nazionalità giordana, membro del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Ma vi sono anche convenienze politiche. Al-Azahr ha condannato il suicidio del tunisino che ha scatenato la rivolta popolare e la caduta di Ben Alì.
Roma (AsiaNews) - La decisione di congelare il dialogo con il Vaticano da parte dell’università islamica di Al-Azhar, sembra a molti un fulmine a ciel sereno, che rischia di provocare uno scontro fra i cristiani e i musulmani nel mondo. Il dialogo – sempre amichevole – fra la Santa Sede e questo organismo di punta del mondo sunnita, durava infatti dagli anni ’90. Al suo andamento positivo ha senz’altro contribuito la personalità dell’imam del tempo, Muhammad Sayyed Tantawi, morto lo scorso 10 marzo 2010. Dal 19 marzo dello stesso anno, il successore è l’imam Mohamed Ahmed al-Tayyeb (v. foto). Proprio lui, lo scorso 1° gennaio, ha criticato Benedetto XVI per aver espresso solidarietà con i cristiani copti, accusandolo di “intromettersi” negli affari interni dell’Egitto.
In realtà le tensioni con Al-Azhar datano da prima di gennaio. In prossimità di un incontro che avrebbe dovuto tenersi in queste settimane, l’università islamica aveva chiesto che dalla delegazione vaticana venisse espulsa una persona: p. Khaled Akasheh, giordano, esperto di islam, membro del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, che ha curato finora i rapporti con l’università islamica.
Mons. Akasheh è fra le persone più qualificate nel dialogo con l’Islam. Egli ha partecipato al Forum cattolico-islamico del 2008, seguito alla famosa Lettera dei 138 saggi musulmani al papa, e impegnato nel dialogo con le organizzazioni culturali e islamiche di Teheran.
Il Vaticano ha fatto notare che negli accordi previ per il dialogo è scritto che ogni delegazione ha diritto a scegliere con libertà i suoi membri. Ma Al-Azhar ha insistito che se non veniva cancellato quel nome, avrebbe interrotto il dialogo.
Le frizioni – e le minacce di congelare il rapporto – hanno perciò radici più lontane. Il motivo per cui Al-Azhar non vuole il p. Akasheh non è chiaro. E’ probabile che essi non vogliano nessuno che capisca l’arabo, che sia arabo, che capisca l’islam (mons. Akasheh conosce in profondità il Corano), per essere liberi, per non sentirsi giudicati (o presi in castagna).
Le critiche al papa, i suoi interventi di solidarietà alla comunità copta giudicati come “interferenza negli affari interni” dell’Egitto, appaiono quindi solo strumentali, un modo di coprire con alte motivazioni, motivazioni più meschine.
C’è però un altro elemento da considerare: il legame fra Al-Azhar e il suo tradizionale sostegno al potere politico egiziano. Hosni Mubarak, è un leader islamico moderato, desideroso di far avanzare il Paese verso la laicità – una richiesta fatta anche dai cristiani copti, discriminati di continuo a livello legislativo e sociale. A questo scopo, Mubarak procede da tempo all’emarginazione dal quadro politico degli integralisti, soprattutto dei Fratelli musulmani. Nel tentativo di determinare a suo favore le prossime elezioni presidenziali, Mubarak cerca di non scontentare il mondo musulmano. Le critiche al Vaticano hanno questo scopo: prendersela con il papa cristiano e occidentale, accarezzando le frustrazioni dei musulmani verso l’occidente (cosiddetto) cristiano. Al-Azhar si è accodata a questa strumentalizzazione.
Quanto peserà questa presa di posizione? E’ possibile che il resto del mondo musulmano segua la linea della “Splendente” università sunnita? A nostro parere non è probabile. Al Azhar, finanziata quasi in toto dall’Arabia saudita, è rappresentante di un islam molto tradizionale ed è visto da molte istituzioni islamiche come “troppo polverosa” e inattuale. Mentre in Tunisia e nel mondo arabo si lotta e si soffre per il futuro delle società medio-orientali, confrontandosi con i problemi legati ai diritti umani, alla democrazia, al dispotismo, all’economia e alla povertà, Al-Azhar ha preferito dire la sua solo precisando che l’islam è contrario al suicidio, condannando in qualche modo tutti quegli sventurati che si sono dati fuoco per la disperazione causata dalla povertà e dall’ingiustizia. Eppure, proprio il sacrificio di queste persone ha alimentato la rivolta che ha portato alla caduta di Ben Alì e sta scuotendo il Medio oriente.
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