07/06/2005, 00.00
ITALIA - ASIA
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Campagna PIME, oltre 1.900.000 euro per la ricostruzione post tsunami

Conclusi i progetti per la ripresa economica delle zone colpite; si aspettano i permessi per costruire nuove case. Chiedono aiuto al PIME anche comunità protestanti, indù e governi locali. Stasera incontro al PIME di Milano  per tracciare il bilancio degli interventi.

Milano (AsiaNews) – Trasparenza, rispetto delle esigenze locali e impegno umano. Fedele a questi principi di azione la campagna PIME (Pontificio istituto missioni estere) a favore delle vittime dello tsunami continua a ricevere donazioni e richieste di aiuto anche da comunità protestanti, indù e governi locali nel sudest asiatico sconvolto dalla tragedia del 26 dicembre scorso. Sono molti progetti avviati nei mesi successivi lo tsunami che sono stati completati, altri hanno appena preso il via.

Come evidenzia p. Davide Sciocco - direttore Centro missionario PIME di Milano, che coordina la campagna - il bilancio complessivo delle donazioni ammonta a 1.9140.500 euro. “Finora sono stati assegnati 1.653.000 euro con una rimanenza di 261.500 euro”. P. Sciocco ricorda che per la prima emergenza erano stati stanziati 110.000 euro in India (Tamil Nadu, Andra Pradesh, Isole Andamane), Thailandia e Myanmar. Successivamente la campagna è andata avanti con acquisti di barche e attrezzatura da pesca nel Tamil Nadu, aiuti a scuole e ostelli nelle isole Andamane, sostegno a studenti delle scuole dei padre stimmatini e counseling psicologico ai sopravvissuti (Thailandia), ricostruzione di cappelle e chiese distrutte nei diversi Paesi.

Paolo Preziosa, responsabile della campagna per New Humanity-PIME, spiega che “tutti i progetti legati alla ripresa delle attività economiche come pesca e agricoltura sono conclusi”. “Nel Tamil Nadu abbiamo consegnato le barche ai pescatori e nelle Andamane da pochi giorni è iniziata la costruzione di scuole e ostelli”. Quello sulle isole Andamane è l’intervento “più difficile e grandioso allo stesso tempo”, aggiunge Preziosa. “L’arcipelago è vicino al Myanmar che però è inaccessibile; il trasporto di materiale e aiuti fin qui dall’India richiede 36 ore di navigazione”. 

L’urgenza maggiore, ora, è quella di costruire case, ma gli ostacoli non sono pochi. Prima tra tutti il ritardo del governo nell’assegnare i terreni per l’edificazione. A questo si aggiunge un problema sociale legato al rigido sistema delle caste, che vige in India. “Nelle zone interne – spiega Preziosa -la popolazione è  più ricca e socialmente più elevata di quella delle coste e accetta con difficoltà l’arrivo dei profughi dello tsunami”. Secondo il responsabile New Humanity-PIME “fino a settembre, passati i monsoni, non si smuoverà niente”.

A conferma della serietà ed efficacia dell’azione del PIME nel sudest asiatico, arrivano numerose richieste di aiuto anche da comunità indù, autorità politiche locali e comunità cristiane protestanti soprattutto nella zona intorno a Chennai (Tamil Nadu). Preziosa racconta che la gente del posto ha visto e apprezzato la capacità del PIME  di “portare aiuti e aprire cantieri in tempi molto brevi”. “Per rispondere a queste richieste - spiega p. Sciocco – aspettiamo prima che i nostri sul posto valutino le reali esigenze ed elaborino un progetto di intervento mirato”.

La campagna è gestita da personale interno all’Istituto e già presente da tempo nei vari paesi. Per questo – conclude p. Sciocco – abbiamo puntato sulla ricostruzione: “solo chi conosce il luogo in cui opera può assicurare la continuità degli interventi”.

Questa sera, 7 giugno, il PIME di Milano organizza nella sua sede un incontro aperto al pubblico in cui tramite filmati e testimonianze dirette darà un resoconto della campagna per le vittime del maremoto.

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