21/06/2013, 00.00
NEPAL
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“Perseguitati e senza diritti”, l’appello dei rifugiati tibetani in Nepal

di Kalpit Parajuli
Dei 22mila profughi presenti in Nepal, nessuno ha manifestato per la Giornata mondiale dei rifugiati. “Siamo nel mirino della polizia e non godiamo di alcun diritto, per questo motivo abbiamo scelto di non scendere in strada” racconta un cristiano fuggito dal Tibet.

Kathmandu (AsiaNews) - Il 20 giugno scorso, in occasione della Giornata mondiale per i rifugiati, migliaia di Tibetani fuggiti in Nepal sono rimasti nelle proprie case temendo la repressione di Kathmandu. "Non siamo liberi di prendere parte alle manifestazioni - spiega Dolma Tsering - quando la polizia capisce che veniamo dal Tibet interviene per arrestarci".

Concentrati soprattutto nell'area della capitale, i 22mila rifugiati tibetani presenti in Nepal lamentano l'atteggiamento repressivo delle autorità. AsiaNews ha incontrato una piccola comunità nell'area di Bauddha, dove il cristiano tibetano Dawa Lama ha spiegato che "rifugiati da altri Paesi, come ad esempio il Buthan, sono liberi di lavorare e godono di normali diritti". "Noi non possiamo nemmeno professare il nostro credo religioso - ha proseguito Dawa - Siamo spaventati e per questo abbiamo deciso di non manifestare".

La severità di Kathmandu nei confronti dei rifugiati tibetani è sempre più spesso ricollegata alla crescente influenza cinese. Dal 2009, anno in cui è salito al potere l'Unified communist party of Nepal (Ucpn), di chiara ispirazione maoista, la politica estera nepalese ha subito una decisa virata verso Pechino. Il 18 aprile scorso, in occasione di un incontro con il presidente cinese XI Jinping, il leader nepalese Pushpa Kamal Dahal ha sottolineato la propria alleanza con la Repubblica popolare affermando che "l'integrità e la stabilità nazionale di entrambi i Paesi non saranno compromesse in nome della libertà religiosa e dei diritti umani".

In Nepal si contano circa 70mila rifugiati, provenienti in prevalenza da Bhutan, Tibet, Somalia e Nigeria. Shankar Koirala, portavoce del ministero degli Interni nepalese, ha dichiarato che "la politica di Kathmandu è di non negare i diritti ai rifugiati ma di evitare allo stesso tempo che il suolo nepalese sia usato contro altre nazioni". E ha aggiunto: "Siamo in buoni rapporti politici e diplomatici con la Cina, i tibetani sono liberi di manifestare ma non contro Pechino. Questo è il motivo per cui li controlliamo".

 

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