“Nuova catastrofe umanitaria”: minoranze irakene sotto il tiro dei curdi
Erbil (AsiaNews) – Una “nuova catastrofe umanitaria” si annuncia per le minoranze etiche e religiose nel nord Iraq. Presi in mezzo nella lotta curdo-araba per il controllo della Piana di Ninive, esse rischiano di essere spazzate via dopo una presenza millenaria nel Paese dei due fiumi. A lanciare l'allarme è l'organizzazione per la difesa dei diritti umani Human Rights Watch (Hrw). Nel suo ultimo rapporto dal titolo “Su un territorio vulnerabile”, l'Ong afferma che cristiani, yazidi, shabaki e turcomanni “sono presi come bersaglio nel conflitto fra arabi e curdi per il controllo del territorio e delle risorse della provincia di Ninive”, di cui Mosul è la capitale.
Il documento è particolarmente critico delle politiche e delle strategie adottate dalle autorità della regione semiautonoma del Kurdistan per estendere di fatto la sua influenza sui territori contesi da anni con la comunità araba: da Sinjar (nel nordovest dell'Iraq) a Mandali (nella provincia di Diyala), passando per Kirkuk.
Hrw denuncia i pressanti sforzi – condotti attraverso intimidazioni verbali, fisiche, mazzette e anche il dispiegamento di forze militari – del governo di Erbil di “curdizzare” le minoranze presenti nell'area per assicurarsi appoggio elettorale e politico.
Allo stesso tempo, le forze curde mirano anche a mettere a tacere le voci di dissenso. Non mancano casi di “detenzioni e arresti arbitrari, atti di intimidazione e in certi casi a violenze a bassa intensità contro le minoranze che sfidano il controllo del governo regionale sui territori contesi”. In questo senso i cristiani sono le prime vittime, essendo la comunità di minoranza più consistente (circa 400mila individui).
Fonti di AsiaNews nei villaggi della Piana di Ninive (zona storica dei cristiani iracheni), in cui il governo curdo vorrebbe istituire un vero e proprio “ghetto” cristiano con il pretesto di una maggiore sicurezza, confermano la situazione. “La persecuzione di noi cristiani da parte dei curdi è ormai una realtà che nessuno può negare”, racconta un giovane caldeo padre di famiglia ed emigrato da Baghdad al nord. “Sospetti sempre più fondati – aggiunge l'uomo, chiedendo l'anonimato - indicano nei curdi i responsabili anche di rapimenti e uccisioni di nostri sacerdoti contrari al progetto della Piana di Ninive e delle pressioni che subiscono i fedeli a Mosul, costretti così a emigrare all'estero”.
Ma il nodo cruciale rimane Kirkuk. Qui un'eventuale alleanza politica con i cristiani garantirebbe ai curdi il controllo sicuro di un'area di grande importanza economica e strategica. É proprio a Kirkuk che si trova il più ricco giacimento petrolifero d'Iraq e proprio sullo status da assegnare alla città si attende da anni un referendum che non si riesce ad organizzare per le pericolosi tensioni che la consultazione politica potrebbe scatenare. L'anno scorso il sito Ankawa.com raccontava che i funzionari del dipartimento curdo per gli Affari dei cristiani - costola del ministero delle Finanze retto dal controverso Sarkis Aghajan – prima di distribuire gli aiuti umanitari mensili destinati ai profughi interni, hanno raccolto firme tra i cittadini per l’annessione della Piana di Ninive al Kurdistan. A chi non firmava venivano negate le razioni di cibo.
I vertici della Chiesa caldea locale, in particolare l'arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons Louis Sako, hanno denunciato il piano di “curdizzazione” dei cristiani, invocando la protezione della comunità da parte del governo centrale e delle truppe americane. Ma sono in molti i fedeli che, migrati in Kurdistan per questioni di sicurezza, ora lamentano il “silenzio” delle autorità religiose sulle politiche persecutorie del governo di Erbil. Alcuni fedeli raccontano addirittura che alcuni sacerdoti “appoggiano esplicitamente i progetti curdi e appoggiano le campagne elettorali del Pdk”, il partito del presidente Barzani.
26/06/2018 13:26
10/03/2017 10:36