Mahmoud Abbas: non mi candido alle prossime presidenziali dell’Anp
“L'ho detto ai nostri fratelli dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina - ha affermato Abu Mazen - , non ho alcuna intenzione di candidarmi alle prossime elezioni. Spero che comprendano la mia posizione”. L’annuncio, che appare perentorio, giunge a meno di 24 ore dalla dichiarazione di Saeb Erekat. Il capo negoziatore palestinese, il 4 novembre, aveva già anticipato le intenzioni di Abbas, spiegando che l’attuale presidente potrebbe candidarsi per un secondo mandato solo con la ripresa del processo di pace.
Nel suo discorso, il successore di Yasser Arafat alla guida dell’Anp ha bacchettato Hamas per la sua linea politica che mina dall’interno l’unità nazionale dei palestinesi. Critiche esplicite anche agli Stati Uniti che “favoriscono le posizioni di Israele” non opponendosi all’espansione degli insediamenti nei Territori occupati.
Abbas ha dichiarato che la sua decisione “non è una mossa strategica”, ma fonti interne all’amministrazione palestinese affermano che funzionari di Fatah sarebbero già all’opera per chiedergli di tornare sui suoi passi.
A pesare sulla decisione del 74enne leader dell’Olp c’è l’empasse sui colloqui di pace con Israele che dura ormai da 11 mesi. Abbas aveva messo in gioco la sua credibilità di leader chiedendo a Tel Aviv di sospendere la costruzioni di nuovi insediamenti a Gerusalemme est ed in Cisgiordania, condizione ritenuta indispensabile dall’Anp per riprendere i colloqui. Il governo di Benjamin Netanyahu non ha ceduto alla pressione, anzi ha rilanciato: 2500 cantieri restano aperti e oltre 400 saranno inaugurati nei prossimi mesi. E a sancire la sconfitta dell’Anp è poi intervenuta Hillary Clinton. Il segretario di Stato Usa, incontrando la settimana scorsa Netanyahu a Gerusalemme, ha messo la parola fine alla disputa sul congelamento degli insediamenti: per riprendere i colloqui di pace non è necessario sospendere l'espansione delle colonie.
Nel bel mezzo del braccio di ferro sugli insediamenti è poi intervenuto l’affare Goldstone, il rapporto Onu sui crimini di guerra compiuti da Israele e Hamas durante la guerra di Gaza. Ad ottobre Abbas ha sostenuto il rinvio del voto sul rapporto in seno alla Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite. Dopo proteste pubbliche in Palestina e violente accuse da parte di Hamas, il leader dell’Anp è tornato sui suoi passi. Chiedendo e ottenendo il voto della Commissione ha permesso la ripresa della discussione del rapporto senza però recuperare a pieno la fiducia dei palestinesi, increduli davanti alla scelta iniziale del loro leader, di fatto accodatosi alla linea di Israele e Usa.