Musulmani convertiti al cristianesimo chiedono libertà religiosa agli esperti radunati in Vaticano
Roma (AsiaNews) – Un gruppo di 144 cristiani, di cui 77 musulmani convertiti al cristianesimo, ha lanciato un appello agli esperti islamici e cattolici radunati in Vaticano in questi giorni perché essi non dimentichino le minoranze cristiane e i neo-convertiti nei Paesi islamici. I firmatari dell’appello – cattolici, ortodossi e protestanti dell’Africa del Nord e del Medio Oriente – domandano che il dialogo che si svolge in Vaticano porti a questi risultati:
1) che la legge islamica non si applichi ai non musulmani;
2) che sia abolita la condizione di “dhimmi”, di cittadini di seconda classe;
3) che la libertà di cambiare religione sia riconosciuto come un diritto fondamentale.
L’appello ricevuto da AsiaNews è anche pubblicato sul sito www.notredamedekabylie.net , legato ai cristiani d’Algeria.
I firmatari “gioiscono” per i passi che si stanno svolgendo in questi anni e per la Lettera dei 138 saggi musulmani, da molti definita come una testimonianza che “l’Islam non è contro i cristiani”. Ma essi sottolineano che la condizione di minoranza dei cristiani nei Paesi islamici, “già marchiata dall’insopportabile stato di ‘dhimmi’ [lett.: gruppo protetto grazie al pagamento di una tassa al governo islamico, escluso dalla effettiva parità nella società], è aggravata dalla crescita dell’islamismo militante apparso negli ultimi tempi”.
“Quanto ai neo-cristiani, o convertiti – continua l’appello – essi non hanno alcun diritto di esprimere la loro nuova scelta religiosa, pena la condanna come apostate, al punto da essere costretti all’auto-esilio, se possono”.
I firmatari chiedono allora che il dialogo che si sta aprendo fra Vaticano e esperti islamici affronti “anzitutto tre temi urgenti :
1) la legge islamica non sia applicata ai non musulmani;
2) lo stato di dhimmi, che fa dei cristiani egli esclusi e dei paria, non è più accettabile e deve essere abolito, perché esso offende la dignità umana, proprio come la schiavitù;
3) la libertà di cambiare religione deve essere riconosciuto come un diritto fondamentale, un diritto che viene da Dio, il quale non obbliga nessuno ad adorarlo”.
Il testo ricorda che nel Corano vi sono versetti favorevoli alla libertà di religione, mentre alcune Hadith [detti del profeta] domandano la morte dell’apostata. “Purtroppo – spiega l’appello – alcuni Stati hanno posto queste frasi nella loro costituzione (ad es. La Mauritania), che essi applicano nonostante la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948”.
Riaffermando che questo dialogo islamo-cristiano è necessario, i firmatari suggeriscono agli esperti di “tener conto dei cristiani che vivono nel mondo detto ‘musulmano’, o da cui provengono. Metterci da parte, dimenticarci, sarebbe un segno di ignoranza, o una volontà manifesta di non voler affrontare le questioni che ci fanno problema. L’attualità, purtroppo non cessa di dimostrarlo: i cristiani nel mondo musulmano sono in grave pericolo”.