A Hanoi sembra ormai vincente la linea della repressione contro i cattolici
Malgrado gli impegni presi, operai hanno cominciato a lavorare nel complesso della ex nunziatura, mentre è stato arrestato un altro dei manifestanti di Thai Ha ed il Comitato popolare ingiunge ai parrocchiani di “liberare” il terreno del quale la parrocchia chiede la restituzione.
Hanoi (AsiaNews) – Dopo le minacce, i fatti. Sembra che ad Hanoi abbiano vinto i fautori della repressione contro i cattolici, anche violando impegni già presi. Protetto da un imponente schieramento di polizia, un gruppo di operai è improvvisamente arrivato all’alba nel complesso della ex nunziatura, ha abbattuto la cancellata che lo circonda ed ha cominciato a lavorare (nella foto). Secondo un annuncio della televisione, si vuole abbattere l’edificio e creare un parco pubblico.
Bloccati sacerdoti e fedeli che dalla vicina cattedrale di San Giuseppe sono accorsi sul luogo, chiamati dalle campane. Si parla di due arresti.
Sempre oggi, il quotidiano del Partito comunista, Nhan Dan, riporta la notizia che in una riunione, svoltasi il 17, il Comitato polare (l’amministrazione comunale) di Hanoi “vuole tener conto delle legittime necessità dei fedeli per ampliare i luoghi di culto”, secondo le leggi. La stessa fonte parla di un incontro del vicecapo del Comitato, Vu Hong Khanh, con una rappresentanza della parrocchia di Thai Ha e delle petizioni avanzate “da alcuni sacerdoti” riguardo al terreno, del quale i Redentoristi chiedono la restituzione.
Al tempo stesso, però, l’esponente comunista afferma che “lo Stato” fin dal 1961 ha concesso il terreno ad una ditta di abbigliamento, la Chien Thang Garment Joint Stock Company. Proprio i lavori che tale società ha cominciato ad inizio anno sono all’origine delle manifestazioni dei parrocchiani, che chiedono la restituzione del terreno, proprietà dei Redentoristi fin dal 1928 e nazionalizzato “per utilità pubblica”.
Non basta. “Perché siano esaminate necessità e petizioni della parrocchia” il Comitato popolare chiede la rimozione delle croci e degli altri simboli religiosi posti sul terreno in questione e di restituirlo alle autorità del distretto di Dong Da, in modo che queste possano “procedere alla formulazione di un progetto di costruzione di pubblica utilità”.
Non basta ancora. Khanh ha ordinato ispezioni e controlli per vedere se ci sono violazioni della legge ed ha avvertito i sacerdoti di mettere in guardia i parrocchiani dal tenere “comportamenti aggressivi”. E, con riferimento alle “violazioni della legge” da parte dei fedeli c’è anche una non tanto velata minaccia verso i religiosi: “chiunque siano, prima di tutto sono cittadini e debbono rispettare la legge”.
E non è ancora tutto. Lo stesso quotidiano dà notizia dell’arresto di “una persona per il suo coinvolgimento nel recente caso di disturbo dell’ordine pubblico” a Thai Ha. Si tratta di Pham Chi Nang, 50 anni, che “ha ammesso agli investigatori che si è unito ad altre persone per distruggere i muro che circonda il terreno” e “ha disturbato l’ordine pubblico”.
Tutto ciò accade a soli tre mesi dalla visita in Vietnam di una delegazione vaticana guidata da mons. Pietro Parolin, sottosegretario per i rapporti con gli Stati, che sembrava segnare una scelta di dialogo ed un andamento positivo nei rapporti. In tale occasione si era parlato tra l’altro dell’inizio “al più presto” dei lavori del Gruppo di lavoro, incaricato di definire tempi e modalità della normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Santa Sede e Vietnam” ed anche di “graduale restituzione all’uso ecclesiastico delle proprietà a suo tempo nazionalizzate”.
Il tutto dopo che il 2 febbraio l’arcivescovo di Hanoi, mons. Joseph Ngô Quang Kiệt, aveva annunciato la promessa del governo di restituire alla Chiesa il complesso della ex nunziatura e che il 27 febbraio, pur non facendo cenno del precedente impegno, Trân Dinh Phung, membro permanente del Fronte patriottico ed incaricato degli Affari religiosi ed etnici, esprimendo il punto di vista del primo ministro sulla vicenda aveva definito “del tutto legittima” la richiesta della Chiesa di poter utilizzare il complesso per le attività della Conferenza episcopale. “Il governo non potrà ignorare”, aveva detto, la richiesta della massima espressione dei sette milioni di cattolici vietnamiti che da 27 anni, cioè dalla creazione della Conferenza episcopale, collabora con la nazione.
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