Guerra mediatica di Pechino contro il Dalai Lama
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il governo cinese ha dato il via a una guerra mediatica senza quartiere per contrastare la cattiva pubblicità che sta ricevendo dalle manifestazioni anti-Cina che si susseguono lungo il percorso della torcia olimpica. Il Dipartimento della propaganda ha inviato una circolare a editori di giornali e televisioni di Stato per spingerli a pubblicare in fretta e il più possibile notizie che difendano la linea ufficiale su Tibet e proteste olimpiche per una “feroce guerra mediatica contro la manipolata stampa occidentale”.
Di norma, per articoli di contenuto politico i media cinesi devono attendere l’approvazione della censura. Ora possono dar fuoco a tutti gli articoli senza aspettare. L’urgenza è dovuta al fatto che in questi giorni, alle notizie sulle rivolte, gli uccisi tibetani, le proteste al passaggio della torcia, i giornali cinesi hanno risposto col silenzio, lanciando notizie e giudizi solo diversi giorni dopo l’accaduto.
Da ieri invece i giornali sono pieni di critiche contro chi “umilia lo spirito olimpico” a Londra, Parigi e S. Francisco. In un editoriale pubblicato oggi sul People’s Daily si parla del “sacro fuoco olimpico”, simbolo di “valori umani” e di “civiltà”. Coloro che cercano di ostacolare la sua corsa sono persone “blasfeme” che si oppongono ai “popoli del mondo amanti della pace”. Per i giornali cinesi i responsabili di tutte le manifestazioni sono “una manciata di tibetani” che contro tutto e contro tutti cercano di pubblicizzare l’idea dell’indipendenza del Tibet, facendo “uno sforzo inutile” e “stupido” che produrrà “il contrario di ciò che desiderano”.
Alcune voci confermano che Pechino abbia assoldato personalità molto in vista per curare la sua immagine nel mondo dei media a pochi mesi dalle Olimpiadi. Forse è per questo che le accuse in negativo alla “cricca del Dalai Lama” sono appaiate ad articoli sulle cose positive prodotte dalla Cina in Tibet: sviluppo economico, piena libertà religiosa, progresso. Vi sono perfino serie di fotografie con dichiarazioni entusiaste di tibetani felici e contenti.
A tutt’oggi, però, la Cina non permette visite indipendenti di giornalisti, diplomatici, organizzazioni internazionali in Tibet e nelle regioni dove sono scoppiate rivolte il mese scorso.
Intanto a S. Francisco la sicurezza che circonda la torcia è al massimo: nascosta in luogo segreto, le autorità hanno preparato diversi percorsi alternativi per sfuggire alle manifestazioni di gruppi critici verso la politica cinese in Tibet, in Sudan e nel Darfur, sui diritti umani nella stessa Cina. A Parigi e Londra la torcia - controllata da poliziotti cinesi travestiti da atleti in bianco e azzurro - ha dovuto essere spenta e caricata su autobus per sfuggire ai dimostranti. Il presidente del Comitato olimpico internazionale ha comunque escluso la cancellazione del percorso della torcia. Anche la portavoce del ministero cinese degli esteri ha ribadito che la torcia passerà secondo i piani in India e in Tibet sull'Everest.
Lhadom Tethong, direttore a S. Francisco degli Studenti per il Tibet libero, ha dichiarato: "La nostra battaglia non è contro i portatori della torcia. E' contro l'uso politico che il governo cinese ne sta facendo".