12/11/2005, 00.00
MISSIONE
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In missione, ricordando chi ci ha dato la vita e la fede

di Piero Gheddo
In questi giorni, in tutte le missioni e le case del Pime si è pregato per i genitori defunti dei missionari, manifestando in tal modo la riconoscenza a chi ha dato la vita, educato nella fede e aiutato nella non facile vocazione di seguire Cristo come missionari. Una riflessione del fondatore di AsiaNews.

Roma (AsiaNews) - Ricordando i nostri genitori non possiamo non commuoverci: i loro esempi, le loro esortazioni, le fatiche che hanno fatto per noi e per la nostra famiglia; i loro esempi e preghiere ci seguono e ci aiutano tutta la vita. E' bello ricordare i genitori di alcuni dei nostri grandi missionari, che rappresentano tutti i nostri genitori.

Mamma Giulia e papà Giuseppe di mons. Angelo Ramazzotti (1800-1861) fondatore del Pime nel 1850, poi vescovo di Pavia e patriarca di Venezia: era una coppia di cristiani autentici, sposati in età non più giovanile con soli due figli. Andavano a Messa tutti i giorni e alla sera il papà guidava la recita del S. Rosario in famiglia. Mamma Giulia dimostra l'autenticità della sua vita cristiana quando rimane vedova nel 1819. Il primo figlio Filippo si sposa ed esce di casa facendosi la sua famiglia. Il secondo, Angelo, vive con la mamma, studia, si laurea brillantemente in legge e inizia a lavorare presso un ufficio legale di Milano. Aveva davanti una brillante carriera di avvocato e vive con la mamma a Saronno. Ma nel 1824 Angelo le rivela che vuol farsi prete e dedicarsi all'educazione dei giovani: infatti nel 1837 fonda nella casa natale di Saronno, dove nasce anche il Pime, il primo oratorio per i ragazzi, molto prima di quello fondato da don Giovanni Bosco a Torino. La reazione di mamma Giulia è positiva. Anzi, accoglie con gioia la notizia, ma sente il dovere di mettere in guardia il figlio, che ormai aveva 25 anni, da possibili illusioni: "Ricordati che diventare sacerdote vuol dire iniziare una vita di sacrificio e di dedizione a servizio della gente: solo così il prete è credibile". Angelo la assicura che ha pregato e meditato bene quella scelta e sarà di parola. La mamma va con lui fin che vive, diventando la sua più preziosa collaboratrice.

Mons. Gaetano Pollio (1911-1991), arcivescovo di Kaifeng in Cina, imprigionato e processato nella Cina di Mao Tze Tung, poi espulso e tornato in Italia nel 1951, fu vescovo di Otranto e arcivescovo di Salerno. Pollio ricordava che in tarda età, e c'è nella sua biografia scritta da padre Amelio Crotti, che la sua famiglia a Meta di Sorrento (Napoli) era molto religiosa e la sua vocazione è nata sulle ginocchia della mamma. Gaetano era l'ultimo di sette figli. Alla sera la famiglia diceva assieme le preghiere della buona notte, poi il papà leggeva ai figli e alla moglie un buon libro o le corrispondenze dei missionari riportate dagli "Annali della Propagazione della Fede". La vocazione missionaria del futuro arcivescovo di Cina nasce quand'era ancora bambino, dalla lettura di riviste missionarie fatta in casa da papà Giuseppe.

Ho terminato di scrivere la biografia di padre Leopoldo Pastori di Lodi, missionario in Guinea-Bissau e morto dieci anni in fama di santità (1939-1996). Leopoldo, quinto di cinque figli, ricordava sempre la mamma, rimasta vedova ancor giovane, che aveva mantenuto i figli col suo lavoro di lavandaia. Leopoldo era il prediletto che si fa prete e poi missionario. La mamma lo incoraggia in questa via e quando parte per la Guinea nel 1974 gli dice: "Va e non tornare più". Mamma Francesca ("Cecchina") era una grande donna di fede e di intensa vita cristiana, ha educato i figli alla preghiera e alla vita ecclesiale. Sarà per Leopoldo un punto di riferimento spirituale e affettivo. E' morta il 2 novembre 1986, aveva 83 anni.

Qualche tempo fa ho parlato con un missionario del Pime, che mi raccontava un po' della sua vita passata e confessava di essere andato fuori strada, fino a non capire quasi più il senso della sua vocazione e avere anche avuto la tentazione di uscire e cambiare strada. Poi, mi diceva, ho capito di sbagliare e oggi sono tornato ad essere entusiasta della mia vocazione.

Gli ho chiesto: "Cosa ti ha fatto cambiare?". Risposta: "Sono sicuro che sono state le preghiere di mia mamma, che è morta non molti anni fa e prima di morire mi ha detto: 'Guarda, figlio mio prete, che ho sempre pregato per te e per la tua fedeltà alla  vocazione e anche dal Paradiso continuerò a pregare per questo'. Ecco, concludeva, questa frase mi è rimasta per anni nel cuore e a poco a poco sono tornato, con l'aiuto di Dio, ad essere quel che debbo essere".

Scusatemi se parlo brevemente anche dei miei genitori: mamma Rosetta è morta che io avevo cinque anni e papà Giovanni è stato mandato in guerra in Russia quando ne avevo dodici e non è più tornato. Sono diventato sacerdote nel 1953 e ho celebrato la prima S. Messa a Tronzano (Vercelli). Nell'omelia il mio vecchio parroco mi ha detto: "Oggi il Signore ha esaudito la preghiera che tuo papà e tua mamma hanno fatto quando si sono sposati nel 1928. Chiedevano che almeno uno dei loro figli o figlie diventasse prete o suora". Ho saputo allora che mamma e papà avevano pregato per la mia vocazione sacerdotale, mi sono commosso e mi sono messo a piangere: la felicità che provavo nel diventare prete l'avevano chiesta a Dio i miei genitori! Da allora, tutte le volte che celebro la S. Messa chiedo al Signore di ridarmi l'entusiasmo e la commozione che ho avuto nel giorno della mia prima S Messa.

 

 

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