Da Riyadh e Abu Dhabi investimenti miliardari nell’intelligenza artificiali e nei data center. Una corsa a due seguita con attenzione, e qualche timore, da Washington e Pechino che cercano di rafforzare le partnership. Il Golfo dispone di energia e denaro, ma mancano ancora talenti qualificati e menti brillanti. Nel primo trimestre boom del Pil saudita trainato dal settore non petrolifero.
Il presidente indonesiano ha accolto l’omologo francese in visita ufficiale. Prabowo apre alla normalizzazione con Israele, ma la condiziona alla nascita di una entità per i palestinesi riconosciuta dallo Stato ebraico. La speranza comune di una soluzione “giusta e duratura” per la regione.
Gholamreza Ghasemian è stato imprigionato per aver accusato di “corruzione morale” il regno wahhabita durante l’Hajj. Nel mirino le riforme di bin Salman che hanno aperto al turismo e alle imprese occidentali. Critiche dalla magistratura iraniana, il governo minimizza e plaude i sauditi per l’organizzazione del pellegrinaggio. Iraniano impiccato con l’accusa di essere “spia di Israele”.
Il presidente Usa è in Arabia Saudita, prima tappa del viaggio regionale che prevede anche Emirati e Qatar (ma non Israele). Il Tycoon punta sull’economia e gli affari miliardari (armi comprese), relegando ai margini dell’agenda gli altri temi. Ma dietro lo sviluppo e i dollari di Riyadh vi sono ombre sui diritti e i timori per i danni ambientali legati al mega-progetto sul mar Rosso.
Mons. Berardi racconta la Settimana Santa fra i cattolici del Golfo, una realtà “unica” per moltitudine di riti e di lingue. Gli “expat” in Arabia Saudita usano internet e la tv per seguire le celebrazioni. Le preghiere per la pace in Terra Santa, Libano, Siria e Yemen. Il significato della missione che è “prima di tutto conversione personale”.
Secondo il rapporto di Amnesty International in Iran, Iraq e Arabia Saudita il 91% delle condanne a morte note. Mancano dati per Cina, Corea del Nord e Vietnam per i quali sono segreti di Stato. Teheran e il boom di esecuzioni (anche) per reprimere la protesta. Regimi e governi usano la pena capitale come “arma” da sfruttare col “falso pretesto” di migliorare la sicurezza.
 
						 
       
       
       
       
						 
						 
						 
						 
						