Xi Jinping esalta la ‘democrazia’ di Pechino, ma parte del Partito è contro di lui
Presidente cinese: il sistema politico nazionale è una “grande creazione”, la chiave del successo globale del Paese. In attesa del 20° Congresso del Pcc emergono tensioni con il vice presidente Wang Qishan e la fazione di Shanghai, impersonata da Zeng Qinghong.
Pechino (AsiaNews) – Secondo Xi Jinping, il sistema politico della Cina è una “grande creazione” e la chiave del suo successo globale. Il presidente lo ha dichiarato ieri a un incontro del Partito comunista cinese sull’assetto costituzionale del Paese, sottolineando che quella nazionale è una realtà con processi del tutto democratici.
Xi ha affermato che la democrazia non si riduce a promesse elettorali, non è un ornamento o una decorazione: “La democrazia è risolvere i problemi reali delle persone”. Analisti sostengono che l’intervento del presidente è una risposta agli Stati Uniti e ai suoi alleati, che attaccano la Cina su diritti umani e repressione del dissenso. Xi starebbe preparando anche il campo per il 20° Congresso del Pcc, che si terrà tra un anno, quando con ogni probabilità otterrà un terzo mandato come segretario generale del Partito e presidente della nazione.
Per Willy Lam, Xi ha dei problemi interni. Con sempre più evidenza, sostiene il noto sinologo su China Brief, emergono i segni di una lotta di potere intestina al Partito. Nelle mire di Xi ci sarebbero due pesi massimi del regime: l’attuale vice presidente Wang Qishan e l’ex vice presidente Zeng Qinghong. A dimostrazione delle tensioni interne, lo scorso mese la stampa cinese (semi-ufficiale) ha parlato di un complotto “sinistro e infido” ordito da alcuni funzionari dell’apparato politico-legale contro Xi; le autorità hanno cancellato poi gli articoli in questione dal web.
Lo scontro tra Xi e le fazioni a lui avverse arriva in un momento di difficoltà economica per la Cina. Il Paese è alle prese con una pericolosa crisi energetica e la possibile bancarotta di Evergrande. La grande compagnia immobiliare ha accumulato un debito di circa 300 miliardi di dollari (258 miliardi di euro) che non riesce a ripagare. Quello del debito è un problema che interessa altri gruppi cinesi e le società d’investimento create dai governi provinciali. A minacciare la ripresa dell’economia nazionale vi è anche il continuo riaffiorare di alcuni focolai di Covid-19 in molte province.
Ieri Li Keqiang ha detto che la Cina ha i mezzi adeguati per fronteggiare le attuali sfide economiche. Alla Fiera di Canton (Guangzhou), il premier cinese ha spiegato che anche se la crescita economica ha rallentato nel terzo trimestre, il Paese può ancora raggiungere l’obiettivo di superare il 6% d’incremento del Pil alla fine dell’anno.
Lam fa notare che Xi non viaggia all’estero da più di 630 giorni, preso dalle sfide interne al suo potere, che al momento arrivano però in forma indiretta. Un recente articolo su Caixin, diretto da Hu Shuli, un protetto di Wang Qishan, sembra usare riferimenti a una ricetta culinaria per criticare il “cocciuto conservatorismo” del presidente e la sua incapacità di stabilire buoni rapporti con l’Occidente.
Fino a poco tempo fa Wang era considerato uno stretto alleato di Xi. Lo scenario è cambiato con l’arresto di alcune persone della sua cerchia. Lo scorso anno è stato il turno del magnate Ren Zhiqiang, condannato a 18 anni per corruzione. Membro della fazione dei “principini”, gli eredi dei primi rivoluzionari del Partito, Ren aveva dato a Xi del “clown che si pensa imperatore”, pur senza nominarlo in modo diretto. A settembre la polizia ha arrestato Chen Feng, presidente del conglomerato HNA Group, una delle diverse compagnie che secondo Lam sono legate a Wang e che il governo ha penalizzato nell'ultimo periodo. Con l’accusa di aver intascato tangenti, ad aprile la Procura generale del popolo ha incriminato anche Dong Hong, stretto collaboratore di Wang.
Come Wang, Zeng Qinghong ha forti interessi nel settore finanziario del Paese, sottolinea Lam. Un leader della fazione di Shanghai, espressione dell’ex presidente Jiang Zemin, Zeng è visto come un protettore di grandi gruppi come Fantasia Holding e Huarong. Il primo è guidato da sua nipote ed è sull’orlo della bancarotta; per i guai finanziari di Fantasia, Zeng Baobao ha dato la colpa alle politiche del Partito.
L’associazione di Zeng con Huarong è ancora più pesante. Lai Xiaomin, ex presidente della compagnia statale, è stato arrestato alla fine dello scorso anno, per poi essere condannato e giustiziato in gennaio. Era accusato di aver intascato tangenti per 1,8 miliardi di yuan (240 milioni di euro) e di slealtà verso il Partito.
C'è un altro problema per Xi. L’ala pro-mercato del Pcc avrebbe preso di mira la sua dottrina della “comune prosperità”: il tentativo di obbligare i grandi gruppi industriali (privati) a condividere la loro crescente ricchezza con gli strati meno privilegiati della popolazione.
Anche il possibile salvataggio pubblico di Evergrande rientrerebbe nella battaglia politica interna al Partito. La vicinanza di Xu Jiayin, fondatore del gruppo immobiliare del Guangdong, con la Gioventù comunista lo rende meno probabile. Sin da quando è diventato presidente nel 2013, Xi ha emarginato la potente fazione del Partito, legata al suo predecessore Hu Jintao e al premier Li Keqiang.
27/09/2021 14:00