Vicario d’Anatolia: non silenzio, ma solidarietà nella ‘tragedia del terremoto’
Dopo aver coordinato gli interventi dall’Italia, mons. Bizzeti parte oggi per le zone colpite dal sisma in Turchia. Il timore che il dramma venga “presto” dimenticato, quando i bisogni immediati e futuri sono “enormi”. L’intervento della Chiesa e della Caritas. Il problema dell’aspetto psicologico “che troppo spesso viene sottovalutato”.
Milano (AsiaNews) - “Non dobbiamo far cadere il silenzio sulla tragedia del terremoto”. Il vicario d’Anatolia, mons. Paolo Bizzeti, conferma ad AsiaNews il timore che, dopo una prima fase di grande attenzione dei media e partecipazione emotiva dell’opinione pubblica internazionale, venga “presto” dimenticato il dramma che ha colpito Turchia e Siria. Il prelato, in queste ore in partenza per Istanbul dopo aver coordinato nelle ultime due settimane dall’Italia gli interventi di primo soccorso, vede “il rischio, come insegna la storia, che passata l’ondata emotiva tramontino anche attenzione e interesse”. “Siamo già - sottolinea - alla sesta pagina di cronaca e ci si ferma solo su aspetti eccezionali, come un salvataggio a distanza di giorni. Va bene, sono miracoli, ma è la situazione di tutto il resto della popolazione, dei sopravvissuti, cui bisogna guardare. Questa è la priorità, su cui mantenere alta l’attenzione”.
A due settimane dal sisma del 6 febbraio i soccorritori in Turchia hanno ormai interrotto le ricerche di superstiti e restano attive solo alcune squadre nelle province più martoriate di Kahramanmaras e Hatay. Il bilancio aggiornato parla di oltre 46mila morti, di cui quasi 41mila nella sola Turchia, mentre si avvicina il dato stimato la scorsa settimana dagli esperti dell’Oms che parlavano di 50mila vittime. Oggi nelle aree colpite è giunto in visita il segretario di Stato Usa Antony Blinken con un pacchetto di aiuti da oltre 100 milioni di euro, una goccia nel mare infinito del bisogno.
Il vice presidente turco Fuat Oktay riferisce di almeno 105mila edifici crollati o danneggiati dal sisma principale di magnitudo 7,8 e dalle oltre 6mila scosse di assestamento, di cui una di magnitudo 6,6 nel fine settimana. L’ultimo salvataggio “miracoloso” di una coppia da un palazzo in macerie di Antiochia risale al 18 febbraio, a distanza di quasi 300 ore dalla drammatica notte che ha segnato la storia recente del Paese. Ora il pensiero è già orientato alla ricostruzione, ma sull’invio di aiuti pesano gli interessi contrapposti sullo scacchiere globale, soprattutto per la Siria del presidente Bashar al-Assad.
Intanto prosegue l’opera della Chiesa e della Caritas in Turchia, mentre manca ancora l’acqua per lavarsi, l’elettricità in alcune aeree, interi villaggi restano ancora isolati e si fa sempre più elevato il rischio di un’epidemia di colera. Il vicariato di Anatolia lavora su tre fronti: a Iskenderun p. Antuan Ilgit Sj, insieme al direttore Caritas Anatolia John Farhad Sadredin, si occupa delle persone che vivono in episcopio; a Istanbul si preparano progetti di prima ricostruzione, fissando gli obiettivi per i prossimi mesi, mentre prosegue la campagna di raccolta fondi. “Dobbiamo pensare - racconta mons. Bizzeti - a come ripristinare i servizi di base, l’acqua potabile e quella per lavarsi, garantire pasti con regolarità… siamo ancora nella fase di piena emergenza”.
“Il disastro è di tali proporzioni - ammette mons. Bizzeti - che anche con la buona volontà di tutti, dal governo ai soccorritori e volontari, ci vorranno settimane per anche solo per rimettere in piedi il sistema di tubature” per l’acqua. “Bisogna poi pensare a un letto e una sistemazione per gli sfollati, perché in molti dormono ancora in macchina” per case inagibili o perché forte la paura di rientrare, mentre la terra continua a tremare. Per l’acqua “si raccoglie dal mare e si cerca di desalinizzarla: si fa il possibile, ma i bisogni sono enormi”.
Vi è poi un ultimo aspetto, che è quello psicologico che “spesso si tende a sottovalutare” con gli interventi che si concentrano solo sui fabbisogni materiali. “Vi è un disagio psicologico enorme e diffuso fra la popolazione” conferma il vicario dell’Anatolia, la paura “non è passata e gli interrogativi sulla tragedia sono tanti e restano senza risposta. Le persone arrivano anche a mettere in gioco la fede, tutti si sentono provocati”, ma vi è pure l’altra faccia della medaglia che è rappresentata “dalla diffusa solidarietà, dall’aiuto reciproco senza guardare all’etnia o al credo religioso, un encomiabile concorso di generosità - conclude - che è motivo di grande speranza”.
(Foto di Elisa Gestri)
A SOSTEGNO DELLE INIZIATIVE PER LE VITTIME DEL TERREMOTO REALIZZATE DAL VICARIATO APOSTOLICO DELL'ANATOLIA E DALLA CUSTODIA DI TERRA SANTA LA FONDAZIONE PIME HA APERTO UNA RACCOLTA FONDI. CLICCA QUI PER CONOSCERE LE SUE MODALITA' E PER CONTRIBUIRE.
27/02/2023 10:51
13/02/2023 13:37
11/02/2023 11:59
16/02/2023 10:44