Veglie, preghiera e conforto: cristiani e buddisti nel dolore per l'affondamento del traghetto coreano
Seoul (AsiaNews) - Per cercare di confortare i sopravvissuti e i familiari che ancora aspettano i propri cari, dispersi dopo l'affondamento del Sewol, le religioni coreane si sono unite per una veglia quotidiana di preghiera interreligiosa e l'allestimento di piccoli luoghi di culto temporanei che accolgono cattolici, protestanti, buddisti e buddisti won. Il teatro è il porto dell'isola di Jindo, davanti al luogo dove il traghetto - con a bordo 476 persone, per la maggio parte studenti liceali in gita - si è inabissato lo scorso 16 aprile 2014 uccidendo 281 persone.
Mentre il governo ha formalmente accusato il capitano e altri 3 ufficiali per omicidio colposo, è terribile la situazione delle famiglie dei 23 giovani che risultano ancora dispersi. Un gruppo di madri arriva all'alba e rimane in piedi sull'orlo di un molo fissando il mare [nella foto, i genitori chiamano il nome dei propri cari implorandoli di tornare a casa]. "Aspettano notizie dalle autorità - dice un monaco buddista - ma sperano anche che il mare riporti i resti dei loro cari. Almeno così potranno iniziare a piangere". Mentre risuona il gong ligneo del monaco, le donne si inchinano centinaia di volte davanti alle onde.
Kim Su-hyun, 43 anni, è una cattolica di Daejeon. Visita la piccola cappella approntata nella parte sinistra del porto, dove si trovano due sacerdoti, e dopo 10 minuti di preghiera scoppia a piangere: "Mi sento tanto addolorata... Questi giovani, nel fiore degli anni, sono morti prima di poter sbocciare. Prego affinché ora si ritrovino tutti in un posto migliore".
I buddisti si sono sistemati nei pressi della tenda dei protestanti. Geumgang, abate del tempio Mihwang di Haenam, racconta: "Le famiglie vengono e fissano il mare. Poi vengono da noi, nelle tende, e insieme preghiamo. Siamo devastati dalla consapevolezza che i ragazzi siano morti per la follia e l'avidità degli adulti". Kim So-won, monaco della setta won del buddismo, prega 5 volte al giorno il mantra "della liberazione", per le anime degli scomparsi.
Nel frattempo, anche le indagini sul disastro assumono un aspetto confessionale. Un gruppo di circa 300 persone, tutte aderenti alla "Setta della Salvezza" - un gruppo che si definisce cristiano pur non predicando il perdono, che conta circa 100 chiese in Corea e 200mila fedeli - ha bloccato da ieri sera l'ingresso alla casa di Yoo Byung-eon. Questi, fondatore della Setta, è ritenuto il "padrone occulto" dell'azienda che gestiva il Sewol: dall'inizio delle indagini si è nascosto ai procuratori, e ha fomentato i suoi seguaci sostenendo che si tratta di una "persecuzione di tipo religioso".
Lo scorso 9 maggio, il Procuratore generale di Incheon ha emesso un mandato di comparizione per lui e per i suoi figli, anche loro leader della setta. Le accuse formali sono evasione fiscale, aggiotaggio e complicità in un disastro colposo. La famiglia ha ignorato l'ordine e si è barricata in casa. In risposta, le famiglie delle vittime hanno lanciato un boicottaggio dei prodotti delle aziende collegate alla Setta.