Va avanti l'islamizzazione forzata del nord di Cipro
Istanbul (AsiaNews) - La notizia dello scambio di visite, dopo 18 mesi tra il metropolita Christoforos di Karpasia e il Gran mufti di Cipro ha suscitato positive reazioni nel mondo.
Ma indipendentemente dai buoni propositi, la buona volontà e le buone intenzioni di singole persone o determinati gruppi, e da gesti piccoli, ma significativi nel piccolo mondo dei greco e turco ciprioti, permane il dato di fatto della divisone di Cipro, avvenuta 40 anni fa (1974) ad opera della Turchia. La perdurante occupazione da parte di 40mila militari turchi della parte Nord dell'isola, pari al 37% del territorio, ha avuto anche come grave conseguenza la forzata islamizzazione della parte nord dell' isola.
In seguito all'invasione da parte dell'esercito kemalista turco - sempre definito garante della laicità - c'è stato lo spostamento di 200mila greco-ciprioti verso la parte sud dell'isola e l'arrivo, nel nord, di 300mila coloni dell'Anatolia, di basso livello culturale, ma convinti musulmani.
Questa forzata islamizzazione ha avuto come conseguenza la distruzione o la trasformazione in moschee di decine di monumenti, chiese e monasteri che testimoniavano la millenaria continuità della presenza della civiltà greco-ellenistica-romana, che abbracciarono il messaggio di Cristo, fondando le prime chiese dopo quelle in Palestina e facendo da ponte verso l'Occidente.
Un altro fatto assai grave, come testimonia il diplomatico e storico inglese William Mallinson, profondo conoscitore del piccolo pianeta cipriota, è che il tutto è avvenuto con il tacito consenso verso Ankara da parte dell'allora segretario di Stato USA Henry Kissinger e del governo britannico. Rimane famosa la frase di Kissinger, che con la invasione turca del 1974 e la spartizione dell'isola, la questione cipriota è stata risolta.
La classica, cinica dichiarazione di chi crede e sostiene gli interessi geostrategici e geopolitici dei soliti cosiddetti potenti occidentali . E Cipro è sempre rientrata nei loro appetiti, a causa della sua posizione geografica. Nel totale disinteresse per le sue tradizioni culturali e le sue radici cristiane.
Così, intanto, i neo-ottomani del partito di Erdogan, l'AKP, coadiuvati dai capitali sauditi portano avanti, con meticolosa perizia, la politica, di forzata islamizzazione della parte nord dell' isola. D'altronde l'ideologo del dogma neo-ottomano in politica estera, il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu, considera Cipro una pedina fondamentale per i giuochi geopolitici della Turchia "anche se sull' isola non ci fosse alcun musulmano", figuriamoci adesso.
Non va, poi, trascurato un altro fatto, che anche gli originari turco-ciprioti sono vittime di una certa discriminazione da parte degli occupanti turchi e dei loro coloni. Oltre al fatto di essere diventati di nuovo minoranza (sono 150mila a fronte di 350mila coloni dell'Anatolia) hanno disparità culturale sia con i coloni che con i militari.
Dal loro insediamento sull'isola nel 1572, la lunga convivenza con l'elemento cristiano, malgrado periodici contrasti (nel periodo ottomano le popolazioni cristiane servivano alle casse dell' impero, perché gli unici tassati erano i non musulmani) ha creato in loro una mentalità più aperta e un profondo rispetto verso la religiosità degli altri. E se qualcosa di cristiano sopravvive nel nord di Cipro è merito anche loro, oltre che dei 500 greco-ciprioti rimasti bloccati nella regione. Qualcuno li definisce cripto-cristiani.
Quanto accade a Cipro, insomma, dimostra che, in barba a chi pensava e pensa ancora alle radici grecoromane e cristiane della nostra civiltà, ciò che conta è la strategia geopolitica dei potenti della Terra. E Cipro è a due passi dallo scacchiere mediorientale.