Uttar Pradesh: quattro morti negli scontri sulla moschea rivendicata dagli indù
Violenze tra manifestanti e polizia durante un sopralluogo alla moschea Shahi Jama, che secondo alcuni estremisti venne costruita nel XVI secolo sui resti di un tempio indù. Le proteste sono iniziate con il lancio di pietre e i residenti sostengono che gli uomini uccisi, tutti musulmani, siano stati colpiti dagli agenti delle forze dell'ordine.
Sambhal (AsiaNews/Agenzie) - Almeno quattro persone sono rimaste uccise negli scontri scoppiati tra manifestanti e polizia nella città di Sambhal, nello Stato indiano settentrionale dell’Uttar Pradesh. Si tratta di una nuova ennesima controversia settaria legata all’origine dei luoghi di culto indiani. Le violenze sono esplose durante un sopralluogo da parte delle autorità alla moschea Shahi Jama, un edificio risalente al XVI secolo e protetto per il valore storico e religioso da una serie di normative.
La polizia ha riferito che un gruppo di persone si è radunato nei pressi della moschea lanciando pietre e urlando slogan contro la squadra di controllo incaricata di condurre un sopralluogo su ordine del tribunale locale, che aveva ricevuto una petizione secondo cui la moschea sarebbe stata costruita nel 1526 sui resti di un tempio induista.
Dopo gli scontri i manifestanti hanno affermato che i quattro uomini uccisi, tutti musulmani, siano stati colpiti dalla polizia, un fatto che le autorità negano. Il commissario Aunjaneya Kumar Singh ha detto che gli agenti sono stati costretti a utilizzare la forza. Le autorità locali oggi hanno sospeso i servizi Internet e chiuso le scuole per un giorno, mentre almeno 16 persone sono state arrestate.
Quello di ieri era il secondo sopralluogo alla moschea. Un tribunale locale aveva ordinato una prima ispezione con la raccolta di materiale video e fotografico martedì 19 novembre. I funzionari dell’Uttar Pradesh - uno Stato governato dal Bharatiya Janata Party, il partito ultranazionalista indù da cui proviene il primo ministro Narendra Modi - avevano condotto il sopralluogo il giorno stesso, generando le proteste dei residenti musulmani: “Non ci è stato dato alcun preavviso. Non è stata richiesta la nostra opinione. Hanno fatto in fretta, ma non c’era nessuna emergenza o urgenza”, aveva commentato il parlamentare locale Zia Ur Rehman Barq, appartenente al Samajwadi Party, intervenuto per placare le prime tensioni.
La controversia sulla Shahi Jama Masjid è solo l’ultima di una serie di dispute che riguardano le moschee indiane. A gennaio di quest’anno il primo ministro Narendra Modi aveva inaugurato un tempio indù dedicato al dio Rama ad Ayodhya, dove le tensioni tra indù e musulmani si trascinano dal 1992, quando un gruppo di fanatici distrusse la moschea di Babri, anch’essa risalente al XVI secolo. Gli estremisti giustificano le loro azioni sostenendo che durante l’impero Moghul i dominatori musulmani distrussero i templi indù per costruire moschee al loro posto. I querelanti che hanno presentato la petizione al tribunale (Rishi Raj Giri e Hari Shanker Jain) sono coinvolti anche in altri casi simili, tra cui quelli relativi agli edifici di culto di Varanasi e Mathura. I risultati dei sopralluoghi saranno presentati in tribunale il 29 novembre.