Ucraina, referendum annessione zone occupate: mossa Putin ‘spiazza’ Pechino
I cinesi chiedono “dialogo” e “consultazioni” per risolvere la crisi. La Cina non riconoscerà l’annessione alla Russia delle terre occupate in Ucraina. Come non appoggerà eventuali avventure nucleari del Cremlino. Il presidente russo non ha recepito il monito di Xi Jinping a margine del summit Sco.
Roma (AsiaNews) – Il governo cinese non ha perso tempo a esprimere disagio per gli annunci fatti oggi da Vladimir Putin sulla sua “operazione militare speciale” in Ucraina (leggi invasione). In un atteso discorso, il presidente russo ha dato il proprio sostegno ai referendum “farsa” che si terranno dal 23 al 27 settembre nei territori occupati in Ucraina per la loro annessione alla Russia; lo “zar” russo ha ordinato anche una mobilitazione “parziale” di 300mila riservisti per far fronte alla efficace controffensiva ucraina.
Il portavoce del ministero cinese degli Esteri, Wang Wenbin, ha dichiarato che la Cina chiede invece “dialogo” e “consultazioni” per affrontare le preoccupazioni delle parti in causa.
Nel suo intervento Putin ha parlato di “ricatto nucleare” dell’Occidente, precisando che la Russia difenderà il proprio territorio con ogni mezzo. Il timore è che una volta annesse parti del Donbass e delle regioni di Kherson e Zaporizhzhia, il Cremlino possa ricorrere all’uso preventivo di armi nucleari tattiche nel caso questi territori fossero attaccati da Kiev (situazione peraltro già in corso, e avvenuta anche per la Crimea).
Wang ha sottolineato che la posizione di Pechino sull’Ucraina è “chiara” e “coerente”. La Cina appoggia in modo “non ufficiale” l’azione russa, attenta a non incorrere nelle sanzioni indirette occidentali: i cinesi hanno aumentato l’acquisto di petrolio, gas e carbone russi, ma non forniscono aiuto militare e non hanno fatto investimenti in Russia dallo scoppio del conflitto a febbraio.
Putin ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping il 15 settembre, a margine del summit dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco) di Samarcanda, in Uzbekistan. Il leader russo ha dovuto ammettere per la prima volta che la Cina ha manifestato preoccupazione e posto questioni sull’operazione armata contro Kiev (lo stesso ha fatto il premier indiano Narendra Modi).
Secondo diversi analisti, la chiamata alle armi dei riservisti e i referendum mostrano che Putin è in difficoltà sul fronte ucraino, alle prese con la pressione militare di Kiev e gli effetti delle sanzioni occidentali. Non troverà certo la sponda di Pechino: i cinesi non hanno riconosciuto l’annessione della Crimea nel 2014 e nemmeno le repubbliche separatiste filo-russe di Donetsk e Lugansk sette mesi fa. Faranno lo stesso con le nuove “acquisizioni” territoriali di Mosca, guardando anche con orrore all’eventuale uso da parte russa di ordigni nucleari.
Prima del summit Sco, Xi aveva mandato un messaggio chiaro a Putin, emerso negli incontri con i capi di Stato di Kazakistan, Tagikistan e Kirghizistan: che la Cina sostiene con forza l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale degli Stati dove vivono comunità russe o russofone. Un punto ineludibile per un Paese che afferma di combattere il “separatismo” taiwanese, quello uiguro nello Xinjiang, e quello in Tibet e Mongolia interna. Il capo del Cremlino non sembra averlo recepito.
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